Il panegirico di Pio VII affidato a Rosmini

Tra gli interpreti dello sceneggiato “In cammino con Antonio Rosmini” figurano Fabio Testi e Gianluca Danieli

Il 20 agosto 1823, a Roma, muore papa Pio VII. A Rovereto, l’arciprete di san Marco incarica il giovane Antonio Rosmini, prete da due anni, di tenere un panegirico (orazione celebrativa) in suo onore. Dopo averlo predicato il 23 settembre seguente, Rosmini ha l’idea di svilupparne i concetti e di stamparlo, per farlo diventare un trattatello che ribadisce i diritti della Chiesa contro alcune tendenze politiche del suo tempo.

Per questo, il manoscritto avrà una vita tormentata. Intuendo la pericolosità delle idee espresse, la censura austriaca lo manderà da un ufficio all’altro. Quando nel 1827 finalmente ottiene il permesso di stamparlo, Rosmini scopre che molti passi sono stati tagliati. Anche se parlano di Napoleone, i rimproveri fatti da Rosmini si applicano anche al regime autoritario dell’Austria.

Deluso e stanco, Rosmini abbandona l’idea della stampa e si occupa dell’Istituto della Carità, che fonda a Domodossola nel 1828. Solo nel 1831 si deciderà a pubblicarlo, con modifiche. Occorrerà attendere il 1927 per leggerlo nella forma originaria, così come l’autore l’aveva pensato.

La struttura del panegirico ci mostra lo schema tipico della predicazione di Rosmini. Il suo obiettivo è la persuasione della verità, convincere di ciò che è vero e buono. Non usa paroloni e frasi ad effetto, ma si rivolge al cuore degli ascoltatori, centro della persona, nella quale si fondono sentimento, pulsione, intelletto, immaginazione, volontà, libertà, azione. Ogni punto è svolto in modo breve ed esauriente. Prima avverte l’uditorio circa il fine che vuole raggiungere e il modo in cui lo farà. Poi divide il tema in punti, da una introduzione generale sullo stato della Chiesa al momento dell’elezione di Pio VII alle modalità di questa elezione, con conseguente reazione del mondo cattolico. Si sofferma quindi sull’opera di risanamento della Chiesa e dello Stato Pontificio da parte del nuovo papa e presenta i suoi antagonisti, tutti incarnati da Napoleone: lo spirito della rivoluzione francese, l’ateismo, l’irreligione.

Entra poi nelle tappe storiche del conflitto e passa in rassegna le minacce, i soprusi, l’invasione militare, le persecuzioni, la deportazione, le pressioni psicologiche sofferte da Pio VII. Da ultimo si sofferma sulla caduta del tiranno e sul ritorno dell’esule vittorioso dalla prigionia a Roma. Conclude con una bellissima preghiera per l’Italia, in cui ringrazia Dio per averla scelta come sede del papato e gli chiede per i popoli italiani la libertà, la pace, e la fermezza nella fede cattolica. Esaltando la figura di Pio VII, Rosmini lancia un messaggio chiaro: la Chiesa è nella Storia il motore di ogni progresso autentico. Qualunque nome abbiano, i persecutori della Chiesa sono sempre da condannare. E la sua sicurezza non sta nella protezione dei potenti del mondo, ma nell’affidamento a Gesù Cristo. Sono già tracciate chiaramente le idee che, un anno dopo, comincerà a mettere su carta. Le pubblicherà nel 1848 nella sua opera più famosa e ancora attuale dopo due secoli: le Cinque piaghe della Santa Chiesa.

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