«Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo»

23 marzo: III domenica di quaresima – C

Letture: Es 3,1-8a.13-15; Sal 103; 1Cor 10,1-6. 10-12; Lc 13,1-9

«…se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,5).

Le letture di oggi ci chiedono di continuare il nostro percorso alla ricerca del volto di Dio. Conoscere il nome di Dio, cercare il suo volto è il cuore di ogni cammino di fede, perchè non esiste relazione senza la conoscenza dell’altro.

I luoghi in cui incontrare Dio sono diversi. La prima lettura ci porta oltre il deserto, fino al monte di Dio, l’Oreb (Es 3,1) dove Mosè incontra Dio come roveto che brucia senza consumarsi, come terreno sacro, come Presenza nella storia del suo popolo. È un Dio che crea, parla, rimprovera, soffre, si commuove, perchè come indica il suo Nome è un Dio vivo, presente, costantemente coinvolto nella vita delle sue creature.

Nel racconto evangelico su cui ci soffermiamo, Dio è incontrato nella quotidianità, in due fatti di cronaca nera.  Si tratta del massacro di un gruppo di Galilei da parte del potere romano e del crollo di una torre che aveva provocato la morte di diciotto persone. Nel contesto della Palestina del primo secolo, come in ogni luogo dove la religione è ancora rilevante, fatti come questi provocano domande su Dio e sono spesso interpretati come segno della punizione divina causata del peccato, personale o comunitario. Le vittime, dunque, sono colpevoli e Dio è un giudice talmente giusto da divenire spietato! Questa percezione permane anche nella nostra società secolarizzata espressa da una domanda che emerge spesso nella sofferenza, nella malattia e nella morte: cosa ho fatto per meritarmi questo?

Gesù rigetta questa lettura rivelandone l’inconsistenza: Dio è Padre e non vuole la sofferenza delle proprie creature. Il dolore non è la “sanzione” di Dio per le nostre colpe. Le vittime della violenza e delle tragedie che insanguinano il mondo non sono, dunque, più colpevoli degli altri esseri umani, non sono più colpevoli di noi. Molte volte, anzi, dolore, povertà, distruzione dell’altro sono frutto dell’indifferenza e della ingiustizia umana. Proprio per richiamare la nostra responsabilità, Gesù aggiunge un monito: «…ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Siamo, infatti, creature impastate di luce e di ombre: convertirsi richiede un processo continuo di discernimento, di scelta della luce, della giustizia, della fraternità, e di rinuncia alle tenebre, al peccato.

La parabola che segue spiega l’urgenza di questo cambiamento. Un termine caro all’evangelista Luca, “oggi”, ricorda che l’attimo presente è l’unico momento che ci appartiene, in cui agire e collaborare con Dio alla nostra salvezza. In questo cammino non siamo soli: Gesù, come il contadino della parabola, continua a chiedere tempo, ad abbeverare, concimare, sperare e attendere frutti.

La quaresima che stiamo vivendo testimonia che nella persona di Gesù l’iniziativa di Dio prende carne: contro l’incomprensibile storia di sofferenza dell’umanità Dio entra in azione. Nella persona di Gesù di Nazareth, nelle sue parole e nella sua amicizia, il regno di Dio irrompe nella storia come proposta di Vita. Attraverso la sua morte e risurrezione esso inizia a germogliare nella nostra realtà orientando il nostro cammino verso il giorno in cui Cristo sarà tutto in tutti (cfr. Col 1,20; Ef 1,10). È un cammino lungo, paziente, segnato dall’attesa di Colui che è capace di aspettare un anno ancora sperando di trovare frutti. La pazienza di Dio è l’opportunità che ci è donato di trasformare il nostro oggi in un tempo di salvezza: la decisione è nostra…

Chiediamoci: Come influisce la mia percezione di Dio sulle scelte di quotidiane?

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