La “Rete di Trieste” riparte dal basso

A Roma l’incontro per “La Rete di Trieste” foto Siciliani Gennari/SIR

Lo spunto

La risposta è stata sorprendente, considerando che si è trattato di una vera e propria “autoconvocazione”. Circa 400 amministratori locali di ispirazione cristiana si sono riuniti a Roma a metà febbraio per dare concretezza alla «rete di Trieste», il network trasversale e “multipartisan” nato a margine della Settimana Sociale di luglio. Due giorni di lavoro per provare, dal basso, ad aprire spiragli di dialogo nel muro eretto da un bipolarismo muscolare. «Il nostro sarà un servizio generoso al Paese e alla politica, che non si presterà a semplificazioni e letture di parte», ha puntualizzato alla vigilia Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, che si è fatto carico di raccogliere questa vasta domanda di confronto emersa tra gli amministratori, molti dei quali si sono aggiunti ai presenti partecipando alla Rete sui canali digitali. (…) L’obiettivo è ambizioso: arrivare alla definizione di 14 proposte concrete da portare nei Consigli Comunali e Regionali. Nell’ambito delle emergenze sociali si va dal cohousing al welfare inclusivo, dalle politiche di sostegno alla natalità alla tutela dei richiedenti asilo.

( Avvenire, 14 febbraio 2025)

A distanza di poche settimane dall’autoconvocazione romana la “Rete di Trieste” ha avuto un contrappunto anche a Trento con un incontro che sabato primo marzo ha visto convenire alla Sala della Cooperazione amministratori di giunte e consigli comunali, ma anche altri esponenti politici (in prima fila i promotori di Campobase Paolo Piccoli e Lorenzo Dellai). L’obiettivo dei promotori, attivatisi dopo la Settimana Sociale di Trieste (di cui il nome della Rete), non è di formare un nuovo raggruppamento partitico, ma di presentarsi come luogo di confronto politico ampio, in grado di superare il “bipolarismo” di importazione anglosassone che, davvero, sembra creare “muri” più che alternative nell’affrontare i problemi sociali e geopolitici.

La “Rete di Trieste” si propone in questa prospettiva, di tornare ai problemi veri, di uscire dagli scontri personali, da rapporti che generano conflitti crescenti, da incomunicabilità anche nel linguaggio, spesso ridotto ad insulti ed irrisione. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha invitato al proposito a tornare a “parole concrete” per dire “no all’‘idiozia’ dei leaderismi, no ai nazionalismi”, e “sì” invece all’Europa e a “progettualità politica per quell’universalismo dei diritti sociali che il Paese sta perdendo, per ricucire tra partiti e corpi intermedi”. La “Rete di Trieste” è politica, ma mira a ripartire dal basso, a raccogliere valori, non a contare voti. Precisamente, a quei valori di ispirazione cristiana che con De Gasperi, Adenauer e Schuman hanno costruito l’Europa vera, che ora rischia di smarrirsi in una corsa agli armamenti da “grande potenza”, facilmente strumentalizzabile dai rinascenti nazionalismi.
Mira a quei valori che danno senso alla democrazia, che non la riducono a “democracy” o “democratura”. Anche perché, come ricordava De Gasperi e come l’arcivescovo di Perugia don Ivan Maffeis ha richiamato nella “Lectio degasperiana” tenuta la scorsa estate a Pieve Tesino, le maggioranze democratiche sono quelle che si compongono attorno a progetti di società capaci di coinvolgere il sentire di tutto un Paese, non le maggioranze numeriche “per un voto”, facili ai mercanteggiamenti, facili ad essere corrotte.

La “Rete di Trieste”, che può trovare nodi robusti anche in Trentino, mira proprio a rilanciare in Italia e in Europa quei valori di libertà e responsabilità che fanno parte anche del patrimonio umanistico della cultura cristiana. Vuole presentare una piattaforma di ideali, non di ideologie per la Comunità, superare gli steccati del bipolarismo, oggi in affanno perfino nei paesi che l’hanno “inventato”, Inghilterra e Stati Uniti, mentre nel mondo tedesco, dove sembrava essersi trapiantato, è stato spiazzato dal voto a destra e in Italia, come era prevedibile e molti avevano previsto s’è irrigidito nell’antica e mai sopita divisione fra “guelfi” e “ghibellini”, creando frantumazioni e disaffezioni in gran parte responsabili del crescente astensionismo e della mancanza di candidature “giovani” per le responsabilità amministrative nei Comuni.

La “Rete di Trieste” presentatasi anche a Trento veda associate queste due città, profondamente italiane, ma allo stesso tempo cerniera e interfaccia con le realtà europee dei Paesi germanici e nordici e dei Balcani e dell’Est. Nel passato, anche recente, Trieste e Trento hanno avuto una storia complementare, frequentemente interconnessa anche se diversa, maturando entrambe un ruolo di “laboratorio” per iniziative sociali e culturali. Ora forse, di fronte alle sfide nazionali ed europee, possono raccogliere e rilanciare quella sintesi di valori umanistici, laici e cristiani, che è nel loro Dna civile. È coincidenza da segnalare la chiusura – il giorno prima a Roma – della fase diocesana del processo di beatificazione di Alcide De Gasperi, uno statista che ha testimoniato il valore del servizio pubblico e si è battuto “per il riconoscimento della partecipazione politica dei cattolici”. Una testimonianza di grande attualità oggi, in tempi di disaffezione e banalizzazione della politica.

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