Non va sottovalutato quanto accaduto a Parigi lunedì scorso: è andato in scena (il termine è tecnico ed esatto) il tentativo di varare una nuova Europa. Il presidente Macron ha convocato quello che ha definito un vertice informale, ma non si sa di cosa: non della UE, perché non ha il potere di farlo e perché ha lasciato fuori buona parte dei suoi membri oltre ad avere coinvolto la Gran Bretagna; non della Nato, perché non è immaginabile un tale vertice senza gli USA che non ne vogliono sapere. Dunque di cosa si è trattato? Del tentativo da parte dell’inquilino dell’Eliseo di erigersi a leader di una nuova forma di Europa, vuoi provando a varare una versione di quella cosiddetta a due velocità, vuoi inventandosi una specie di “Euro-Nato”, per citare una brillante formula coniata da Antonio Polito.
L’operazione non è riuscita e, diciamolo francamente, così non poteva riuscire. Una novità di quella portata avrebbe richiesto sia una adeguata preparazione, sia un contesto in cui Macron potesse contare almeno su una autorevole sponda. Non ne ha trovata nessuna, a partire dalla Germania, un tempo sua tradizionale alleata, che certo ad una settimana da elezioni molto complicate non era in grado non diciamo di decidere, ma neppure di avviare dei percorsi (col rischio per Scholz di vederseli rinfacciare in una campagna elettorale al calor bianco).
Ci sono stati al solito molti attacchi alla premier Meloni, accusata di tenere il piede in due scarpe. In questo caso la critica è meschina, per la semplice ragione che di scarpe in cui ficcare i piedi non ce ne erano. L’intenzione di non rompere con Trump non era affatto esclusiva della nostra premier, perché una larga maggioranza dei convocati a Parigi la condivideva. Se poi Meloni è più entusiasta di altri nel mantenere il legame col presidente USA, è un dettaglio in questo caso irrilevante. Altrettanto difficile tenere il piede nella scarpa europea, che è piuttosto sfondata, vista la oggettiva debolezza della leadership di von der Leyen in questo frangente e considerando le tensioni che percorrono la UE.
Purtroppo nella crisi attuale delle relazioni internazionali non si può che navigare a vista: parlando il meno possibile per slogan (lo imparassero i nostri politici di maggioranza e di opposizione!) e analizzando costantemente gli sviluppi della situazione. Chi li segue anche solo un minimo avrà notato che sia Trump che Putin, nonché i rispettivi entourage, cambiano continuamente versione. Il loro obiettivo principale è per ora tenere la scena recitando ciascuno la parte che ritengono possa aiutarli di più rispetto alle loro opinioni pubbliche di riferimento. Dove vogliano realmente andare a parare lo si vedrà fra un poco: per ora è tutto un gioco di specchi.
Non si rinuncia anche ai giochi sporchi. Tale è l’attacco organizzato a freddo contro il nostro presidente Mattarella. Non vale la pena di soffermarsi sulle narrazioni fantasiose dei valletti di Putin, che mentre presentano l’URSS come grande forza antinazista, lasciano perdere di ricordare che essa aveva fatto con Hitler nel 1939 un accordo (patto Ribbentrop-Molotov) per spartirsi la Polonia indipendente. È piuttosto da chiedersi a cosa si miri con questi attacchi così anomali nelle relazioni internazionali. A nostro avviso la spiegazione potrebbe essere che a Mosca si vuol provare a far saltare il governo Meloni, consapevoli che in Italia c’è una quota di opinione pubblica filo Putin che viene istigata a rompere con l’attuale posizione euro-atlantica del nostro governo. Ovviamente, se saltasse il governo, l’Italia finirebbe in un discreto caos di lotte interne e questo si riverbererebbe su una UE che non gode certo della simpatia dello zar russo.
Immaginarsi che tutto sia avviato ad uno splendido idillio fra Trump e Putin significa ignorare le imprevedibilità della politica internazionale. Giusto per rifarci all’episodio appena citato, dopo l’intesa Hitler-Stalin per spartirsi l’Est Europa (e un anno prima il dittatore nazista si era preso i Sudeti da una Europa imbelle), si ebbe nel giro di poco un clamoroso rovesciamento di alleanze, perché i due imperialismi non potevano convivere in pace. Lo scriviamo solo per avvertire che andiamo cauti a preconizzare come finirà il confronto sulla vicenda ucraina che, fra il resto, non è staccata dalla incandescente situazione mediorientale.
Il nostro Paese farà bene a muoversi con realismo seguendo l’evolversi della situazione. Se il nostro sistema complessivo, politico, economico e di opinione pubblica, opererà con la responsabilità e la solidarietà complessiva necessarie, potremo uscire da questa contingenza rafforzati. Se seguiremo la nostra storia che privilegia le lotte intestine, dovremmo sapere già come andrà a finire.