Lo spunto
Quest’anno la Federazione (della Cooperazione) compie 130 anni. È un anniversario tondo che va festeggiato ma non celebrato. Anzi. Può essere l’occasione per compiere un percorso a ritroso. Capire come la Federazione si è forgiata, cresciuta, evoluta, adattata al contesto e alle esigenze delle cooperative (fine ultimo della sua esistenza oltre che le legittime proprietarie). Può anche diventare motivo di riflessione per l’oggi, alla ricerca di quel “fil rouge” che tiene assieme passato e presente e prefigura il futuro. Il valore dell’unitarietà, espressa così chiara e forte 130 anni fa merita un approfondimento. A lungo infatti si discusse se la Federazione avrebbe dovuto rappresentare solo casse rurali o tutte le coop. Il dibattito fu intenso, ma alla fine prevalse la via della trasversalità. La Federazione è unica, è la sintesi di tutto il movimento (…) E dunque il principio dell’unitarietà è un richiamo solido che vale anche per l’oggi: infatti la Federazione non rappresenta, non assiste, non vigila solo settori merceologici, ma difende, offre consulenza e servizio e revisiona anche e soprattutto la particolare natura cooperativa. La sua trasversalità, è questo che fa la differenza.
Alberto Ianes (“Cooperazione Trentina”, gennaio 2025)
Se l’unitarietà, come ben dice il prof. Alberto Ianes, è il tratto distintivo della Federazione, ciò che fa del Trentino, con le sue “Famiglie”, casse rurali, realtà agricole… un vero “Distretto cooperativo”, è l’impegno impiegato per raggiungerla, non sempre scontato lungo 130 anni di storia anche difficile, a formare quelle “radici profonde per costruire un futuro insieme” che il presidente della Federazione Roberto Simoni ha richiamato come prezioso patrimonio da rivendicare, al di là di quote di mercato e bilanci positivi.
È questo il valore da condividere in un mondo che ha bisogno sempre più di cooperazione reciproca per dare concretezza alle sue aspirazioni verso un futuro di pace, perché solidarietà e sostenibilità non si riducano a semplici parole. Il segno più forte è venuto, in tal senso alcuni anni fa, durante la presidenza Schelfi, quando il nome originario di “Federazione dei Consorzi cooperativi” venne mutato in “Federazione della Cooperazione”. Sembrò a molti un passaggio azzardato, ideologico, non privo di pericoli, quasi esprimesse la volontà di includere tutti purchessia, “tutti dentro”, senza tener conto delle contraddizioni (ed anche differenze di ruoli) che pur esistono. Ma non era così anche se alcuni problemi ne sono derivati. Il significato importante, infatti, consisteva nel mostrare la cooperazione non solo come settore economico, ma come riferimento di prassi e di mentalità per tutto il contesto sociale, dal lavoro all’assistenza; consisteva pure nel presentare le buone prassi, anche innovative (com’è l’economia civile prospettata dal prof. Stefano Zamagni), non come appannaggio o riserva esclusiva di una sola parte sociale ed economica, ma come prospettiva da estendere a un maggior numero di relazioni e attori. Significava quindi assumersi una responsabilità più ampia, sia all’interno che all’esterno del movimento cooperativo, farsi carico di problemi su più fronti, dal lavoro, all’assistenza, alla politica, al risparmio (cosa diversa dagli investimenti), alla territorialità. Alcuni di questi fronti restano ancora aperti ed è per questo che il 130° anniversario va ricordato non solo dalle cooperative e dai cooperatori, ma da tutto il territorio trentino. Senza però esaurirsi in celebrazioni formali, perché l’attività della Federazione continua ad essere “in progress”, dinamica, in costante sviluppo e larga parte del lavoro deve essere ancora affrontata. La meta raggiunta serve a ricordarlo. Si tratta di sfide non facili, ma possibili proprio perché in questi 130 anni si sono estese radici profonde. La Federazione, proprio grazie ad una visione unitaria, ha saputo superare due guerre mondiali, le violenze del fascismo nei suoi confronti, alluvioni e grandinate, ed ora si trova ad affrontare nuove guerre e crisi climatiche, problemi di emigrazione fra i giovani istruiti e immigrazione di manodopera, lavoro ed accoglienza, dentro la fase politica ed economica del tutto nuova che si è aperta dopo l’esaurirsi di un globalismo che non ha dato i risultati auspicati, che ha aumentato le disparità a vantaggio dei più forti e che ora rischia di essere sostituito da un protezionismo che a sua volta minaccia di penalizzare i territori marginali e minoritari.
Ecco quindi aprirsi una serie di nuovi impegni per la cooperazione, ecco l’esigenza di una unitarietà più estesa, ma forse anche più rigorosa. La storia ha mostrato che le cooperative non sopravvivono se lasciate a se stesse, senza collegarsi in un secondo grado e un terzo grado con una Federazione che assicuri tutela, servizi, ed anche controlli adeguati ad impedire strumentalizzazioni e speculazioni come le false cooperative che in alcune realtà contrabbandano idealità per favori. Una società sempre più articolata ha bisogno di certezze e sicurezze, soprattutto se la presenza cooperativa si presenta vasta, estesa, non più limitata a fasce limitate di popolazione.
Restano aperti alcuni problemi con i consorzi di cui la Federazione dovrà farsi carico spegnendo le sue candeline. Solo per rapidi cenni, basti constatare come il Sait debba ancora mettere a fuoco una sua identità più precisa non solo nei rapporti interni (chi lavora a contatto col pubblico deve essere soddisfatto del proprio lavoro, se si vuole che diventi il primo agente di marketing dei prodotti), ma anche nei rapporti fra Famiglie locali e Coop nazionale che pur disponendo di ottimi prodotti non può sovrastare tutto. Quanto alle casse rurali hanno mostrato capacità innovativa e di supplenza notevole, ma la chiusura di sportelli per il progressivo estendersi degli scambi on-line andrebbe forse coordinata in una visione più ampia e territorialmente complessiva. Non è un caso se un istituto di credito di prestigio e successo come la Banca Popolare di Sondrio abbia annunciato “in controtendenza”, come hanno scritto i suoi dirigenti, di aprire alcuni nuovi sportelli, pur promuovendo le tecnologie informatiche. Inoltre dovrebbe forse essere la Federazione a farsi carico dell’analisi sanitaria di prodotti che escono con il marchio cooperativo prima che altre agenzie provinciali intervengano, che si diffondano allarmi o che ogni cooperativa proceda per la propria strada (vedi il caso dei formaggi). L’augurio è quindi per un futuro impegnato e fattivo.