Passerelle ai Lavini di Marco, per il WWF “modello pericoloso di gestione del territorio”

Anche il WWF Trentino si inserisce nel dibattito legato alla realizzazione delle passerelle in ferro progettate ai Lavini di Marco con l’intento di migliorare la fruibilità delle orme dei dinosauri, ma che hanno ricevuto ampie critiche.

“La questione riguarda il modello stesso di gestione e sviluppo del territorio che l’opera rappresenta. L’obiettivo dichiarato di valorizzare il contesto dei Lavini di Marco sembra contraddirsi nella realizzazione pratica. Le passerelle, nella loro posizione e struttura, evidenziano l’intento di trasformare un luogo di straordinaria rilevanza naturale in un’esperienza riduttiva, con numerosi elementi artificiali che non servono da omaggio al valore del luogo ma che sembrano più elementi scenografici progettati per stupire e spettacolarizzare sé stessi. Questo approccio è superficiale e rischioso, perché banalizza e mercifica un patrimonio unico”, spiegano gli esponenti dell’associazione, secondo i quali, “questo episodio si inserisce in un contesto più ampio che caratterizza il Trentino degli ultimi anni: un’attenzione crescente verso uno sviluppo infrastrutturale sregolato. Dall’espansione delle aree sciabili alla creazione di bacini di accumulo artificiali, dalle strade forestali che si moltiplicano senza un piano organico, tutto sembra mostrare una generale predilezione per soluzioni orientate ad un turismo “mordi e fuggi”. Questo modello non veicola una comprensione profonda del territorio, ma lo riduce a un’esperienza superficiale che rischia di compromettere i suoi valori naturali e culturali. La scusa dell’accessibilità non può essere un pretesto per produrre mostri in maniera sregolata e senza attenzioni, soprattutto in un contesto nel quale tale accessibilità dovrebbe essere quanto più efficacemente compartimentata”.

Il WWF Trentino, pur riconoscendo come la sopraelevatura dei camminamenti sia funzionale alla conservazione delle impronte fossili, sottolinea però le conseguenze negative di tale modello di gestione: “La mancanza di una valutazione critica delle implicazioni di questi interventi è il sintomo di un modello culturale radicato, che privilegia il sensazionalismo a scapito della sostenibilità e dell’armonia con l’ambiente. Un possibile intervento utile alla valorizzazione delle impronte, che in definitiva crediamo si sarebbero potute rendere ugualmente accessibili con interventi molto più leggeri e certamente più economici, sarebbe stato ad esempio un ulteriore investimento nella ricerca scientifica. Non possiamo cadere nell’illusione che il territorio abbia già rivelato tutti i suoi segreti: servono risorse per continuare ad esplorare, analizzare e comprendere un patrimonio che è ancora in grado di sorprenderci, non tanto per stimolare una ricerca fine a sé stessa, quanto per avviare una gestione più consapevole e rispettosa delle specificità. Su questa falsariga, l’area dei Lavini meriterebbe la redazione di un piano di gestione complessivo che punti a valorizzare le sue bellezze naturalistiche e a tutelarne la biodiversità, con interventi mirati tra i quali il contenimento dell’espansione del pino nero che ne sta progressivamente alterando l’equilibrio ecologico: un recupero del paesaggio aperto contribuirebbe infatti a preservare specie rare e uniche per il territorio trentino (ad esempio monachella ed ortolano, due uccelli particolarmente legati agli ambienti aperti come nidificanti quasi estinti, se non già estinti, in Trentino), restituendo al sito una fruizione più tridimensionale”.

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