Il grande affresco di Gianni Poletti

La copertina del testo postumo del docente e dirigente scolastico di Storo

Lo spunto

L’Associazione Il Chiese ha fortemente voluto la pubblicazione di “Nostalgie, cartoline autobiografiche del mio Medioevo”, postumo di Gianni Poletti (Storo, 1939-2024), in accordo con il Centro Studi Judicaria e con i familiari. Fondatore e presidente de Il Chiese fino al 2014, intellettuale, studioso, scrittore, amministratore pubblico, dirigente scolastico, figura di riferimento per la cultura delle Giudicarie intere, Gianni è stato indubbiamente per la cooperativa prima e per l’associazione poi il perno attorno al quale, per tantissimi anni è ruotata un’intensa stagione di studio, ricerca, formazione, iniziative che hanno caratterizzato la cultura ed il territorio della nostra valle. È intorno al 1980 che nasce la Cooperativa Il Chiese e Gianni ne è un fondatore. Le idee e le iniziative furono (ed ancora sono) molteplici e innovative: la Scuola Musicale Sette Torri, i corsi della Terza Età e del Tempo Disponibile, la rassegna teatrale, i corsi di formazione per adulti, le gite culturali, un giornale come “La Civetta”, 130 pubblicazioni di carattere storico, scientifico, letterario: una moderna visione della cultura come impresa, risorsa per tutta la valle. Al centro del suo pensiero la Memoria: dal passato si può partire per ricostruire correttamente il presente e guardare al futuro, il territorio e la storia locale, paradigma della grande storia, la storia della gente non solo quella dei vincitori e dei potenti, delle periferie, la storia vera spesso drammatica dell’uomo. La spiritualità infine, il senso della vita e la sua interpretazione cristiana…

Gianfranco Giovanelli, Direttivo Associazione Il Chiese

Ho iniziato l’anno nuovo immergendomi negli “anni vecchi” evocati da Gianni Poletti nel suo ultimo libro, “Nostalgie”. Ma il titolo vero sta nel sommario “Cartoline autobiografiche del mio Medioevo. Testimonianze storiche” perché il libro raccoglie non ricordi “nostalgici” (anche se può considerarsi una sorta di testamento spirituale), ma traccia invece, come indica Pierangelo Giovanetti nella sua Presentazione, “un grande affresco dell’era contadina e della sua dissoluzione”, avvenuta a partire dalla metà del secolo scorso. Lo fa attraverso narrazioni mirate, precise nella loro inquadratura, che paiono davvero “cartoline” inviate agli amici come segno di un lungo viaggio a ritroso nel tempo. L’autore è uno degli uomini che hanno plasmato l’identità trentina nelle valli, fatta di solidarietà, dedizione al bene comune, cultura, lavoro quotidiano (era insegnante e preside) e al tempo stesso capacità di assumersi responsabilità civili, politiche ed amministrative.

Le “cartoline” si riferiscono a situazioni comuni nella vita dei paesi e nei campi: rapidi tratti che fissano momenti di umanità e trasmettono valori che non possono andare perduti. Poletti, peraltro, a queste cartoline di vita appone la sua firma, senza mai cadere in personalismi. Non si mette mai al centro anche se è consapevole di raccontare momenti storici, testimonianze di un mondo che si prolunga ben oltre il Medioevo, risalendo anche fino all’età romana nei suoi elementi portanti, come il lavoro degli uomini e delle donne con gli animali nei campi. Basti pensare che per incitare i buoi a tirare i carri il contadino gridava “Iii”, che è l’imperativo dell’”ire” latino, “andare”. “Vai” diceva dal carro il contadino delle nostre vallate, ma lo diceva ancora nell’antico latino: “Iii”.

È un mondo ormai tramontato, spesso associato all’arretratezza che si usa attribuire al Medioevo, oppure mitizzato nei bei tempi andati che si possono rimpiangere, ma non possono ritornare. Ma sono tempi che devono e possono fare ancora parte di noi. Per questo Poletti li racconta restituendo loro vita, evitando di imbalsamarli in una saggistica specializzata o moralistica. Li racconta con le loro contraddizioni, ma anche in certi momenti di poesia, liberandoli da ogni stucchevole pregiudizio. Li proietta in un futuro che va costruito senza dimenticarli perché noi siamo fatti anche di quegli anni, di quei secoli che erano duri e poveri, ma contenevano valori che risultano essere ancora i mattoni indispensabili nel costruire il nuovo edificio di una società futura. Proprio come nel Medioevo i maestri muratori usavano le pietre dei vecchi tempi romani per innalzare le nuove cattedrali. Sta qui il fascino del libro e della geniale intuizione di scandirne le pagine in “cartoline”: nella loro cornice ci siamo dentro anche noi.

Perché un mondo di relazioni nuove non potrà e non dovrà (lo sappiamo e lo sentiamo) essere costruito sulla violenza pervasiva che sta attraversando la modernità, né sui “bip” dell’intelligenza artificiale e i ”link” di Musk. “Questo è il grande rischio di oggi – scrive ancora Giovanetti commentando (una “guida alla lettura”) l’affresco composto dalle cartoline – dimenticare chi siamo. Cioè rimuovere le radici da cui veniamo, e non accorgerci più della pasta di cui siamo composti. È il pericolo maggiore della modernità globale che porta all’appiattimento culturale e spirituale, che si riduce in sradicamento, straniamento esistenziale, non sapere più il senso delle cose e della vita. Del chi siamo e di cosa ci fa felici”. Ma (…) “anche se non ce ne rendiamo conto, o se superficialmente facciamo finta di non accorgercene, noi siamo quello che siamo perché le generazioni che ci hanno preceduto hanno generato la cultura, le tradizioni, lo stare insieme nei nostri paesi, il culto dei morti, le feste dei vivi, il modo di mangiare e di cucinare, di andare in montagna e rapportarci alla natura, di cui tuttora oggi – pur finita l’era contadina – siamo intrisi”. Di queste “cartoline”, momenti che ci accompagnano in questo percorso di identità e valori, ecco alcuni titoli per non dimenticare: “Nella famiglia matriarcale”, “Dignitosa miseria”, “La contrada della mia infanzia”, “Le storie del nonno Gioàn”, “Santa Lucia e il presepe”, “Per chi suona la campana”, “Un mondo pieno di giochi”, “Ritmi e parole della società agricola”, “L’Humus della cooperazione”, “La fabbrica dei preti”, “Cielo nuovo e terra nuova”, con l’ultima cartolina che riassume il passato per guardare al futuro.

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