“Il centenario non si conclude mai…”, replica gentilmente Elena Matteotti, docente di italiano agli stranieri, quando la contattiamo nelle ultime settimane della ricorrenza dedicata all’assassinio del nonno, Giacomo Matteotti, la cui famiglia era originaria di Comasine, in Val di Sole. (“Non ci sono mai stata, ma nei primi mesi dell’anno ho in programma una visita alla casa dei miei bisnonni”, ci confida Elena.)

Qual è il bilancio del centenario? E perché non deve fermarsi?
Le iniziative sono state talmente tante che probabilmente nelle persone è nata la voglia di approfondire la figura di Giacomo Matteotti, ritenendola molto attuale. Però per leggerne l’attualità bisogna studiarlo profondamente. Studiarne l’aspetto politico, sociale e culturale, certo, ma soprattutto l’aspetto umano. Che poi è quello che sto facendo io. Spero in un risveglio delle coscienze. Più partecipiamo a queste iniziative, più la curiosità messa in moto da quest’anno andrà avanti. E non è solo pura curiosità. Credo che abbiamo bisogno di figure come quella di Giacomo Matteotti, del suo coraggio e dei suoi valori, che potrebbero attecchire anche in questo periodo, che non è poi dei migliori.
Qual è il valore più importante lasciato da Matteotti?
Quello di avere il coraggio delle proprie idee, il coraggio di non voltarsi dall’altra parte e soprattutto il coraggio di denunciare situazioni di ingiustizia, soprusi e intolleranze anche nella nostra piccola vita quotidiana. Ci ha insegnato a non avere paura di esprimere le nostre opinioni e a farlo prima che sia troppo tardi. Perché, lo ripeto, quello che stiamo vivendo non è un periodo dei più felici.
In un periodo come questo su che cosa bisognerebbe puntare?
Bisognerebbe dare la priorità agli studenti e alle nuove generazioni, perché, se preparati dai professori, possono fare tantissimo. Proprio ieri sono stata in una scuola di Somma Vesuviana. Il ruolo della scuola e degli insegnanti è fondamentale anche per tramandare alle future generazioni la figura, la storia e la memoria di Giacomo Matteotti.
In un’intervista all’Ansa sostiene che “Il fascismo che ha ucciso mio nonno ora non c’è, ma bisogna sempre essere vigili”. Quali sono le situazioni da monitorare?
Non sono tanto le situazioni, quanto un nemico invisibile. Ai tempi di mio nonno il nemico era ben definito e ben visibile. Adesso invece ci sono tante situazioni apparentemente normali che nascondono qualcosa che non va. La nostalgia del fascismo esiste. Esiste la nostalgia di chi pensa che in fondo “Mussolini ha fatto qualcosa di buono”.
Nella stessa intervista racconta di aver scoperto la figura del nonno solo di recente…
È una cosa che stupisce sempre quando la racconto, ma nella mia famiglia Giacomo Matteotti non veniva mai nominato, come se questo dramma fosse stato un trauma così forte da essere rimosso. Mio padre d’altronde aveva 3 anni, quindi anche lui era senza memoria. Quando ero piccola ero arrabbiata perché non capivo questo silenzio. Ci dicevano che tacevano per proteggerci, ma io non volevo essere protetta, volevo sapere la verità. E per fortuna da adulta l’ho scoperta, la sto scoprendo. Probabilmente all’epoca non ci ritenevano degne di un racconto, anche se penso che ci avrebbe facilitato la vita. Il centenario mi ha aiutata a recuperare la mia storia e la mia memoria.
Quindi ha conosciuto suo nonno attraverso le voci degli storici?
Soprattutto attraverso le testimonianze di chi ha conosciuto mio padre o di chi ha sentito parlare di mio nonno. Ho sentito tante voci. La testimonianza è fondamentale per restituire questo archivio della memoria.
E quando i testimoni mancheranno?
Si rinnoveranno. Una parola tramandata può andare da una generazione all’altra in tanti modi. Continuando a parlare di Matteotti, a studiare questa figura, a parlarne a scuola, nelle piazze e nelle riunioni. Credo che ci sarà un rinnovamento.
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Fino al 5 gennaio alle Gallerie di Piedicastello sarà visitabile la mostra “Giacomo Matteotti a cento anni dal suo assassinio. La vicinanza politico/morale con Bruno Buozzi”, che ricostruisce in 20 tappe la vicenda del socialista originario di Comasine.