Non ingannino i colori sgargianti e solari dei loro abiti, gli sguardi luminosi e il portamento fiero. Le donne del Guatemala, in particolare quelle di origine indigena, sono tra le categorie più sofferenti del pianeta. Il Paese centroamericano, infatti, presenta uno dei tassi più alti del mondo di violenza nei confronti delle donne: solo nel periodo tra gennaio e settembre 2023 sono state più di 32.000 le denunce per violenza contro le donne, oltre 4.000 i casi di violenze sessuali e 2.000 i casi di aggressioni sessuali, ben 502 i femminicidi e una media di cinque donne al giorno di cui non si ha più traccia. Numeri preoccupanti, ai quali vanno aggiunti i 46.569 casi di gravidanze tra bambine e adolescenti di età compresa tra i 10 e i 17 anni che sono stati registrati nel 2022.
Si rivolge in particolare a loro l’attività di Aj Quen, associazione che fin dalla sua creazione opera nel campo della cooperazione tra donne a livello comunitario, per aiutarle a liberarsi da secoli di cultura machista e di oppressione. Ce lo ha raccontato, ospite della redazione di Vita Trentina, la giovanissima presidente dell’organizzazione, Isabel Juana Teleguario, in questi giorni in Italia grazie alla Fondazione Altromercato, che ha organizzato per lei un “tour” nel Nord Italia, per permetterle di testimoniare questa drammatica situazione e attivare nuovi canali di sostegno.
“Aj Quen in lingua maya significa tessitore”, esordisce Teleguario, spiegando così in cosa consiste la principale attività delle circa 200 donne che ne fanno parte, provenienti da diverse zone del Guatemala. Si dedicano alla produzione di prodotti tessili, abiti, borse, borsellini, sciarpe, ma ultimamente Aj Quen ha sviluppato progetti anche nel campo dell’agricoltura sostenibile. “La nostra realtà nasce per aiutare le donne rimaste vedove a causa dei conflitti armati che hanno insanguinato il Guatemala negli ultimi decenni. Si è occupata di dare loro un lavoro e una retribuzione equa, ma anche di formarle nel campo della giustizia, dei diritti umani, dei diritti delle donne, sui temi economici. Un aspetto importantissimo per dare loro conoscenze di base su come gestire le risorse economiche guadagnate”.
La libertà, per le donne del Guatemala, e non solo, va conquistata attraverso l’autonomia. Sono tante le storie concrete che la presidente Teleguario può ripercorrere: madri bambine che, a 15 anni, si sono trovate a doversi occupare dei figli senza l’aiuto di nessuno, giovanissime vedove rimaste sole, senza lavoro, con l’intera famiglia a carico, mogli maltrattate dai mariti, donne alle prese con l’analfabetismo, la malnutrizione o altre problematiche tipiche delle situazioni di sottosviluppo. Per tutte loro Aj Quen è oggi una casa, più che un’associazione, è un luogo di educazione e formazione, non solo un’opportunità occupazionale. E, davanti a tutte loro e ai loro figli, c’è la prospettiva di un futuro differente.
“Di fatto, in questi anni, molte delle nostre socie hanno potuto costruirsi una casa o far studiare i loro figli. Alcune socie non avevano niente, mentre oggi i loro figli sono ingegneri, hanno potuto studiare all’università, fare carriera, magari anche all’estero. Altre sono riuscite a migliorare il loro capitale lavorativo, a ingrandire le loro attività, a migliorare la qualità della vita”, spiega ancora Isabel Teleguario, tradendo la soddisfazione per una serie di risultati che, solo qualche tempo fa, erano inimmaginabili per le donne guatemalteche. “Vogliamo uscire da un secolo segnato dalle ingiustizie e dai maltrattamenti familiari e dare maggior potere alle donne, che nel nostro Paese soffrono di troppe discriminazioni. Quelle di etnia maya, poi, sono doppiamente discriminate, per la loro razza e per il loro genere”.
Al Guatemala delle cartoline, quello della natura incontaminata, delle piramidi precolombiane e dei mercatini artigianali, si contrappone infatti una cruda realtà, che penalizza in particolare le categorie più deboli. Il 65% della ricchezza totale del Paese appartiene all’1% della popolazione, mentre il 75% degli abitanti vive in una situazione di povertà: una fetta larghissima di persone, composta per l’80% da indigeni. In attesa perenne di riscatto, questi figli del sottosviluppo hanno attraversato guerre civili, colpi di stato e massacri di massa, vere e proprie operazioni di pulizia etnica, sequestri e torture nei confronti di chi – leader sindacali, studenti, giornalisti e intellettuali – provava ad alzare la testa. Una situazione che potrebbe cambiare, dopo la recente elezione del nuovo presidente Bernardo Arévalo, che, spiega Teleguario, “si pone a favore del popolo, e del popolo maya, che è la maggioranza del paese, ma sta trovando molti ostacoli negli alti funzionari dello Stato, che non gli permettono di lavorare in maniera efficace”. Ecco perché risulta fondamentale, per il Guatemala come per la bella realtà di Aj Quen, l’appoggio internazionale, che passa anche da collaborazioni – come quella con Fondazione Altromercato – utili per crescere e sviluppare opportunità di giustizia. E per portare alla fragile democrazia guatemalteca, ma anche alle sue donne, quel cambiamento per cui lavora Isabel Teleguario, “per fare in modo che non soffrano come noi abbiamo sofferto in passato. E che abbiano la possibilità di avere un futuro migliore”.
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