Dopo gli albergatori, gli agricoltori. Il giorno dopo la serata di Andalo sulle sfide del turismo, la Visita pastorale ha portato questo pomeriggio l’Arcivescovo Tisi a San Michele all’Adige a confrontarsi sul futuro dell’agricoltura con gli operatori del settore nella sede storica dell’Istituto Agrario. “Come nel lavoro turistico – ha osservato al termine del Lauro, trovando un’evidenza comune ai due incontri – pure nel mondo agricolo è decisivo il ruolo delle relazioni che il produttore deve curare sia verso la famiglia e i suoi collaboratori che verso il produttore consumatore: coltivate prodotti, anche relazioni, come mi avete insegnato questa sera”.
Introdotto dall’assistente ecclesiale di Coldiretti, don Massimiliano Detassis (in sala anche il Vicario di Zona don Giulio Viviani), l’incontro si è aperto con il saluto del prof. Agostino Cavazza per la Fondazione Edmund Mach (FEM) che ha evidenziato l’importanza che “gli uomini di Chiesa dialoghino con chi affronta i problemi dell’economia oggi alle prese con le emergenza ambientali”. Ai cambiamenti climatici in quest’annata “molto difficile” hanno fatto riferimento nel loro intervento anche Gianluca Barbacovi, presidente di Coldiretti e Diego Coller, presidente di Confagricoltura Trento, segnalando però anche il dinamismo di molti giovani che scelgono di investire con entusiasmo in una “nuova agricoltura”, aprendosi con convinzione alla multifunzionalità delle imprese.
Ne hanno dato prove e stimoli i quattro operatori di altrettante aree agricole della Zona pastorale che nei loro interventi hanno confermato quanto anticipato dal moderatore Walter Nicoletti, giornalista agricolo: “Oggi è possibile ampliare il nostro orizzonte oltre la dimensione meramente produttivo per cogliere con lo sguardo dello spirito il valore culturale e umano del lavoro agricolo, con esperienze che danno sempre valore alla vita”.
Lucia Perlot ha lasciato vent’anni fa il mondo della comunicazione per dedicarsi ad un’attività agrituristica ad Andalo che punta sull’accoglienza genuina, sui prodotti e le trasformazioni locali, ma anche sul lavoro di rete con le aziende vicine del territorio: “Il Trentino possiede la ricchezza di tante piccole economie che possono mettersi insieme”, la sua convinzione.
Renata Magnabosco, altro esempio di “anima femminile” dell’azienda agricola, ha citato la sua famosa focaccia di patata cucinata nell’agritur Paolazzi a Ponciach, in val di Cembra, per sottolineare un’offerta che può puntare sui genuini prodotti locali presentati in forma sobria: “Ai clienti cerco di far capire il valore della stagionalità, di un lavoro che richiede pazienza e rispetto della terra e anche del cibo, senza storpiature”.
Laureato in Fisica, Mirco Dalrì ha compiuto la scelta di famiglia – sempre più convinto ora che ha un figlio di un anno – di non andare all’estero per investire nella viticoltura a Mezzocorona, sperimentando anche i vantaggi di flessibilità che il lavoro nei campi può offrire, tanto più se condiviso dal gruppo dei parenti. “Credo molto nel valore della ricerca a servizio della produzione, soprattutto della ricerca genica”, la sua fiducia.
Dalla tradizione di famiglia viene anche la scelta di Andrea Piffer, lavisano, che sottolinea il valore della formazione e della partecipazione respirato all’interno di quel movimento dei contadini trentini che sono i Club 3 P all’insegna dei tre verbi: progredire, promuovere e partecipare”. “Non siamo inquinatori, ma siamo custodi del nostro territorio”, ha ribadito a proposito del tema della sostenibilità ambientale che è poi stato ripreso negli altri interventi dalla sala.
Nel suo intervento l’Arcivescovo ha confidato la sua fiducia nei giovani studenti e convittori di San Michele incontrati nei giorni scorsi (“c’è futuro per la nostra agricoltura, ho trovato questi ragazzi concreti e consapevoli, anche grazie al lavoro d’equipe dei docenti) ed ha colto alcuni valori emersi dalle testimonianze e dalle domande: l’esperienza della meraviglia, altrimenti così rara in un tempo di “consumazione di eventi”, l’importanza dell’attesa (“chi non vive di attese, non vive”), la tradizione intesa come evoluzione di un nucleo da salvaguardare, la consegna alle generazioni future.
Commentando il tema della sostenibilità – “una parola che molti interpretano a modo proprio”, si è detto – l’Arcivescovo ha invitato a rispettare un approccio rispettoso della complessità, per non lasciarsi andare a letture frettolose e ideologiche oppure a soluzioni che nel lungo periodo si rivelano tutt’altro che sostenibili.
A proposito del rapporto fra il mondo diocesano e un ambito cooperativo che rischia di perdere alcuni dei suoi valori e delle sue ispirazioni originarie, mons. Tisi si è detto disponibile a questo dialogo e a questa collaborazione con le associazioni di categoria, a partire proprio dal settore agricolo con il quale la Chiesa ha sempre avuto un buon rapporto.
Lascia una recensione