In dialogo con i Brics per ricostruire un nuovo ordine mondiale

Ma chi lo ha detto che Vladimir Putin, accusato di crimini di guerra e inseguito da un ordine di cattura della Corte Penale Internazionale, sia davvero un leader isolato? Fin dall’inizio della guerra contro l’Ucraina nel 2022 ha avuto alcuni fedeli compagni di strada che direttamente o per vie traverse lo hanno aiutato. La Cina, innanzitutto, con numerose visite bilaterali e dichiarazioni di amicizia eterna per sostenere Putin almeno politicamente (ma magari anche con tecnologie “dual use”). Poi l’Iran che ha fornito all’armamentario russo i micidiali droni che hanno messo in grande difficoltà le truppe ucraine. Ed infine, notizia recente, l’invio da parte del dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-Un, di almeno 10mila soldati in soccorso ai militari russi impegnati sul fronte ucraino, dove gli avanzamenti sono limitati e con tantissimi caduti. Ma almeno questi erano paesi fortemente antiamericani e non rappresentavano il resto del mondo o almeno una parte significativa di esso.

Diversa è la musica che abbiamo sentito in questi giorni con la riunione dei cosiddetti Brics a Kazan, la regione russa dei famosi Tartari. Putin ha fatto le cose in grande poiché al gruppo originario dei Brics (appunto, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) nati nel 2011 si sono aggiunti 4 nuovi aderenti, Iran, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi più numerosi altri osservatori e candidati ad una futura adesione. Alla fine, lo zar del Cremlino è riuscito a mettere assieme ben 36 paesi partecipanti che per tre giorni hanno discusso della guerra russo/ucraina, della situazione in Medio Oriente e infine dell’obiettivo più importante: la riduzione della dipendenza dal dollaro. A dare ancora maggiore rilievo internazionale alla riunione è addirittura intervenuto il segretario generale dell’Onu, Antònio Guterres la cui agenzia, la Corte Penale Internazionale, aveva definito criminale di guerra lo stesso Putin. Così l’inchino, la stretta di mano e il sorriso di Guterres al padrone di casa hanno inorridito il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky che ha cancellato il successivo incontro previsto con lui a Kyiv. E dire che la condanna dell’agenzia dell’Onu aveva impedito a Putin di presenziare di persona per timore di arresto alla precedente riunione dei Brics in Sudafrica, paese che aveva sottoscritto lo Statuto di Roma che aveva fatto nascere la Corte. La realtà è che Guterres per quanto indebolito dall’inazione dell’Onu sui vari teatri di guerra non poteva sottrarsi all’incontro con un gruppo di paesi che oggi costituisce il maggiore concorrente del più antico e autorevole G7 composto dalle maggiori economie industrializzate del mondo, fra cui gli Usa. In effetti i Brics rappresentano oggi il 45% della popolazione mondiale contro il 10% del G7 e il 35% del Pil globale rispetto al 30% dei G7. Insomma, una realtà che conta, almeno sulla carta, e che deve essere messa nel conto di un sistema internazionale basato sull’esistenza di gruppi dai Brics al G7, dal G20 all’Organizzazione di Shangai, dalla Nato all’UE e così via. Il futuro dell’Onu potrebbe quindi dipendere da una sua riorganizzazione che possa tenere sotto il proprio cappello proprio questa particolare configurazione per gruppi.

Detto questo, è chiaro che le ambizioni della recente riunione a Kazan si sono presto fermate di fronte alla complessità dei problemi odierni. Quindi sulla guerra in Ucraina sono stati proposti piani di pace ma che tengono conto quasi esclusivamente degli interessi territoriali russi nel Donbass e in Crimea. Sulla Guerra in Medioriente uno scontato appello al cessate il fuoco ma senza un’indicazione precisa sul futuro dei palestinesi. E sulla de-dollarizzazione, cioè l’accantonamento progressivo della moneta Usa (e dell’euro) a favore di altre valute nazionali, i progressi si sono fermati di fronte al fatto che ancora oggi il 60% degli scambi commerciali mondiali avviene in dollari. Ben sapendo che la moneta è “il velo” dietro cui si manifesta la forza economica non vi è alcun dubbio che in giro concorrenti al dollaro non se ne vedono ancora. Neppure la Cina la cui stabilità economica dipende largamente dall’intervento dello stato nell’economia ed è quindi legata all’apertura o meno agli investimenti stranieri nel paese. L’unico risultato raggiunto dai Brics in questi anni è stata la creazione di una Banca per lo Sviluppo, ma che ha capacità di intervento nettamente inferiori agli strumenti “occidentali” come la Banca Mondiale o il FMI.

In definitiva si potrebbe dire che i Brics si propongono di contrastare il sistema unipolare creato attorno agli Usa. Ma non per questo sono unitariamente antioccidentali. Ad esempio, l’India che minaccia la supremazia della Cina è legata agli Usa in un’alleanza militare, il Quad, che conta anche sulla partecipazione di Australia e Giappone. Lo stesso si può dire degli Emirati Arabi alleati degli americani e nemici dell’Iran. Insomma, un gruppo per niente omogeneo e che futuri allargamenti rischiano di rendere ancora più diviso al proprio interno. Tuttavia, il G7 e l’occidente non possono semplicemente derubricarlo a semplice alleanza antioccidentale e non curarsene. Malgrado la presenza di membri oggi inaffidabili come la Russia e l’Iran varrebbe forse la pena aprire un dialogo con i Brics nell’ottica di ricostruire un ordine mondiale non più sotto la preponderante egida degli Usa, ma piuttosto di un’Onu profondamente riformata che ci aiuti a riproporre regole di convivenza internazionali oggi troppo spesso violate nel mondo intero.

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