Dall’ascolto all’amore

Illustrazione di Fabio Vettori

3 novembre 2024 – Domenica XXXI Tempo Ordinario B

Dt 6,2-6; Eb 7,23-28; Mc 12,28b-34

«Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Mc 12,33

Il tema unificante le letture di questa domenica è quello dell’amore di Dio congiunto indissolubilmente all’amore del prossimo. Uno scriba, cioè un maestro della legge, si presenta a Gesù e gli rivolge una domanda precisa: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?» (Mc 12,28). Vuole il suo parere sul cuore della legge divina. Gesù si rivela ben disposto nei confronti del suo interlocutore e risponde citando il passo del Deuteronomio riguardante l’amore di Dio (Dt 6,4-6), un passo che ogni pio israelita, ancor oggi, recita ogni giorno. Subito dopo vi aggiunge però una seconda citazione, riguardante l’amore del prossimo, tratta dal libro del Levitico. Lo scriba esprimerà quindi il proprio apprezzamento per l’insegnamento di Gesù, e Gesù incoraggerà, infine, il cammino spirituale dello scriba: «Non sei lontano dal regno di Dio» (Mc 12,34).

Nel libro del Deuteronomio (prima lettura) il popolo d’Israele è invitato anzitutto ad ascoltare e poi a mettere in pratica i comandamenti di Dio per essere felice nella terra di libertà che Dio gli sta donando! Israele deve tenere a mente che «il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo». Dall’ascolto del Signore e dalla professione di fede in un Dio personale nasce la risposta dell’amore: «Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5). All’amore personale di Dio per il popolo e per ciascun israelita deve insomma corrispondere l’amore personale del popolo e di ciascun israelita per Dio. Nel libro del Levitico, che si compone di una raccolta di leggi, le prescrizioni morali e cultuali vengono riassunte nel comandamento dell’amore del prossimo, un amore che rifiuta la vendetta e si apre al perdono: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18). Le parole di Gesù e dello scriba sintetizzano perciò il cuore della legge antica ed aprono al «comandamento nuovo» nel quale la misura dell’amore sarà il modo di amare di Gesù stesso, fino al dono di sé.

Il brano della “Lettera agli Ebrei” (seconda lettura), proprio per questo ci presenta il Cristo come l’unico vero sacerdote (Sommo Sacerdote) perché è l’unico che «non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso» (cfr. Eb 7,27).

Se l’amore di Dio nasce da un ascolto attento e profondo della sua Parola, dal riconoscimento della sua unicità e della sua premura per noi, è necessario che valutiamo se la nostra pratica religiosa ha questi presupposti. Se l’amore di Dio è indissolubilmente congiunto all’amore del prossimo, è necessario che valutiamo se la nostra pratica religiosa ha queste caratteristiche. Se il compimento della religiosità, nel “comandamento nuovo”, cioè nella nuova legge offerta da Gesù, è nell’amore per Dio e per i fratelli fino al dono di sé (sul modello del Cristo), occorre che verifichiamo se siamo disposti a tanto.

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