27 ottobre 2024 – Domenica XXX Tempo Ordinario B
Ger 31,7-9; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52
«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Mc 10,47
La guarigione del cieco Bartimeo si colloca subito dopo che Gesù ha invitato i discepoli a superare la tentazione delle ricchezze e del potere, subito dopo che Gesù ha annunciato il suo destino pasquale che si compirà in Gerusalemme. I discepoli, fin qui hanno manifestato le loro difficoltà e le loro resistenze nell’accettare la scelta di Gesù di essere il Messia sofferente, il Messia servo che dona la vita.
La guarigione del cieco Bartimeo assume perciò un grande significato simbolico, indica la necessità di accostarsi a Gesù col grido di chi si riconosce cieco e bisognoso di ricevere luce. Per seguire Gesù sulla via che lo porta a Gerusalemme, sulla via che lo porta alla passione, morte e risurrezione occorre che Egli apra i nostri occhi, ma il miracolo non può avvenire se manca in noi la disponibilità a fidarci di Lui, a puntare tutto su di Lui. Solo nella prospettiva della fede comprenderemo che l’unico modo che abbiamo di salvare la nostra vita è quello di perderla per Lui.
Il senso della Pasqua di Gesù (passione, morte e risurrezione) non lo troviamo da soli né con le nostre forze, ma attraverso la disponibilità ad accogliere da Gesù stesso il dono della illuminazione, cioè della fede. Se accogliamo il senso della Pasqua di Gesù accogliamo pure il senso della nostra pasqua personale ed il senso della nostra vita. Accogliere Cristo significa comprendere di più noi stessi, così si esprimeva Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica: “L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo – non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e la sua morte, avvicinarsi a Cristo” (RH 10).
L’episodio di Bartimeo ci ricorda che in questo processo di avvicinamento a Gesù la Chiesa gioca un ruolo fondamentale. Essa è chiamata a continua conversione per evitare il rischio di allontanare da Cristo anziché divenire strumento di avvicinamento a Lui: “La Chiesa non può abbandonare l’uomo, la cui sorte, cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo. Quest’uomo è la via della Chiesa” (RH 14). Chiediamo al Padre ed allo Spirito che la Chiesa, quella Chiesa concreta della quale noi pure facciamo parte, possa essere anche oggi la via che avvicina gli uomini a Cristo, aprendo loro orizzonti di significato e di speranza e facendo loro percepire la vicinanza di quel Sommo Sacerdote di cui ci parla la lettera agli Ebrei nella seconda lettura, l’unico che “è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza” (Eb 5,2).
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