La migrazione italiana in Cile e l’arrivo dei filonazisti nel libro di Micheletti Dellamaria

Un incontro per riflettere sulla storia dell’emigrazione trentina e abruzzese in Cile nel secondo dopoguerra. Ad offrire l’occasione di dibattere su questo tema, martedì primo ottobre alle 17 all’Officina dell’autonomia di via Tommaso Tar 29, a Trento, sarà il libro di Stefano Micheletti Dellamaria “San Manuel del Parral: una storia italiana di emigrazione, dittatura e settarismo filonazista in Cile”, recentemente pubblicato dalla Fondazione Museo storico del Trentino.

L’autore dialogherà con Chiara San Giuseppe e con Giuseppe Ferrandi. L’incontro è promosso dalla Fondazione Museo storico del Trentino e dall’Ufficio emigrazione della Provincia autonoma di Trento, in collaborazione con l’Ecomuseo del Tesino.

Micheletti, cresciuto a Bieno, storico e docente in Cile, intreccia due storie nel suo libro. Innanzitutto, la disastrosa esperienza di centinaia di emigranti trentini e abruzzesi che, nel secondo dopoguerra, furono selezionati dal governo italiano per partecipare a progetti agricoli in Cile. Nella prima parte del libro le peripezie delle famiglie installate nei terreni di Parral, le cause del fallimento dell’iniziativa e le difficoltà del loro successivo inserimento lavorativo sono accuratamente ripercorse da Micheletti sulla base di fonti primarie scritte e orali.

Nella seconda parte invece, Micheletti ricostruisce il nesso tra il fallimento e la conseguente liquidazione di San Manuel e la vendita dei suoi terreni, nel 1961, ai rappresentanti tedeschi di una fantomatica società benefattrice che darà vita alla Colonia Dignidad. Guidata da Paul Schäffer, ex membro della gioventù hitleriana e ricercato per aver commesso numerosi abusi su minori, la Colonia diventerà un vero e proprio “stato nello stato” con caratteristiche che si ispiravano all’organizzazione nazista. I 300 coloni furono ridotti in schiavitù, abusati sessualmente e subirono violenze di ogni genere. Anche dopo il 1973, durante il regime di Pinochet, la Colonia Dignidad collaborò attivamente alla strategia repressiva trasformandosi in uno dei centri detentivi più crudeli per gli oppositori politici del regime.

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