Lo spunto
“Se presso le sedi competenti della Chiesa cattolica (segnatamente la Diocesi di Roma) è in corso il processo canonico che dovrebbe/potrebbe portare lo statista alla gloria degli altari, le Istituzioni laiche potrebbero garantire a Degasperi una sepoltura che non tradisse i contorni della provvisorietà (che si riflettono dal 1954), individuando una collocazione con un’adeguata autorevolezza istituzionale. Una proposta da molti considerata degna e opportuna sarebbe la tumulazione delle spoglie di Degasperi al Pantheon, accanto ad alcuni dei cosiddetti “padri della patria” (in particolare delle arti e della cultura). Non dimentichiamo poi che nel 1946 (seppur provvisoriamente e ope legis) Degasperi fu il primo capo dello stato repubblicano. Dopo che anche le varie scuole storiografiche (non parliamo di quelle politiche, più o meno definitivamente estinte) hanno raggiunto un giudizio equanime sulla grandezza del personaggio, un richiamo e un tributo (anche simbolico, come sarebbe la sepoltura in quel luogo) alla sua statura politica e morale e al suo esempio appare sempre più opportuno e necessario…”.
Maurizio Gentilini (da ilDolomiti.it del 7 settembre 2024)
Maurizio Gentilini, studioso e ricercatore presso il CNR di Roma, è uno dei maggiori studiosi di De Gasperi e della politica italiana del dopoguerra. Questo suo rilancio della proposta di onorare De Gasperi al Pantheon suona suggestiva, anche perché le spoglie dello statista, nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura, a Roma, meriterebbero una visibilità e una cura ben maggiore, come “Vita Trentina” ha più volte denunciato in passato. Ma non è questo forse il momento di intervenire perché visto l’attuale clima politico, si scatenerebbe sicuramente una corsa a prendersene i meriti da parte di tutte le forze di partito che oggi cercano (anche quelle che l’avevano combattuto e osteggiato) di appropriarsene l’immagine e l’eredità. Né è certo questo ciò che vorrebbe lo statista trentino “prestato all’Italia” come De Gasperi stesso ebbe a definirsi, posto che, come ben si ricava dalla Lectio tenuta dall’arcivescovo Maffeis a Pieve Tesino il suo tratto distintivo era la sobrietà e il suo proposito primo quello di “fare il proprio dovere” senza ostentazioni e senza risonanze mediatiche. San Lorenzo è poi legata in molti modi a tutta la vicenda degasperiana, vi ha la sepoltura Pio IX, che aprì dopo il 1870 la “Questione romana” nei rapporti con lo stato italiano. Una Questione, come ricorda Gentilini, che proprio De Gasperi chiuse con l’articolo 7 della Costituzione repubblicana. San Lorenzo è poi legato al primo bombardamento di Roma, nell’agosto 1943, e alla figura di Papa Pio XII sceso fra le macerie con la veste talare macchiata dal sangue dei feriti a portare la vicinanza e il conforto della Chiesa a quella tragedia. Ed è questo un passaggio importante della lunga ed anche difficile, ma decisiva esperienza romana di De Gasperi che a Roma visse il suo esilio, ma da Roma ricostruì l’Italia sulle sue macerie, che con Pio XII ebbe a scontrarsi, ma che trovò asilo dalla persecuzione fascista nella biblioteca vaticana.
Vi sono poi forse due ragioni minori, ma non trascurabili che consigliano di non rimuovere la tomba dello statista da San Lorenzo. La prima è che è vero che dopo il trasferimento da Trento la salma venne custodita per alcuni anni in una cripta, tale da apparire quasi nascosta, ma poi la tomba venne posta sul lato sinistro del portico esterno, con un monumento realizzato da Giacomo Manzù, il maggior scultore italiano del Novecento, autore anche di uno dei portali bronzei della Basilica di San Pietro. E poi Lorenzo è il santo al quale è legata la chiesetta dell’Armentera, a Sella Valsugana, così ricca di spiritualità e suggestione, dove De Gasperi trascorreva i giorni estivi di riposo e don Armando Costa il giorno di San Lorenzo saliva da Borgo a celebrarvi la Messa. Ci possiamo vedere una “risonanza” romana della sua amata Sella e del Trentino da cui la morte lo ha allontanato. Anche chi era bambino allora ricorda la profonda commozione che suscitò ovunque la morte non attesa di De Gasperi, che visse i suoi ultimi giorni a Sella, amareggiato dal congresso democristiano di Napoli che l’aveva, di fatto, sfiduciato, e dal “no” francese alla Ced, la Comunità europea di difesa.
Quel giorno il nonno mi mandò nel primo pomeriggio all’edicola della “Zinzorla” in piazza Cantore a comperare “L’Adige”, che era uscito in edizione straordinaria, ma da tutti fu poi sentito quasi come uno “scippo” il fatto che la famiglia e le autorità avessero deciso per la sepoltura a Roma.
De Gasperi veniva sentito come parte dell’identità trentina, passava in secondo piano che l’autonomia si costruisse e si difendesse a Roma e che la famiglia vivesse ormai tutta fra Roma e Castelgandolfo. Ma ancor più oggi la presenza della memoria degasperiana a Roma si rende necessaria. Il Trentino, per fare la sua parte ed onorarla deve vivere onestamente, sobriamente, facendo il proprio dovere, e poi lasciare il sepolcro a San Lorenzo, con i suoi riferimenti alla guerra, al papato, a Sella. Il Pantheon è un’altra cosa, De Gasperi non si sentirebbe bene accanto ai re d’Italia, con tutto il rispetto che ebbe e i sacrifici che fece per l’Italia. De Gasperi accanto a Umberto I, che fece sparare da Bava Beccaris sulla folla operaia… Quella di De Gasperi voleva essere “un’altra” Italia. E lo fu, con tutte le manchevolezze che ancora perdurano. E poi il Pantheon è un tempio magnifico, certo, dedicato a tutti gli dei dell’impero romano e pagano. De Gasperi merita una sepoltura cristiana, anche umile, ma cristiana, lontana da celebrazioni, in attesa del Risorto.
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