1° settembre 2024 – Domenica XXII Tempo Ordinario B
Dt 4,1-2.6-8; Gc 1,17-18.21-22.27; Mc 7,1-8. 14-15.21-23
«Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza». Gc 1,21
Con questa domenica riprende la lettura continua del vangelo di Marco e inizia la lettura della lettera di Giacomo, uno scritto composto verso il 70 d.C. che si rifà all’insegnamento e all’autorità del primo vescovo di Gerusalemme. Le tre letture, nel loro insieme, ci invitano ad aprire gli occhi sui doni che Dio ha disseminato dentro la nostra vita, così come dentro la storia del suo popolo: «ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce» (Gc 1,17).
Il Dio di cui parla il Deuteronomio (prima lettura) è il Dio vicino: «Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?». Questa vicinanza Dio l’ha manifestata in molti modi e noi dobbiamo richiamarcelo spesso alla mente per vivere la nostra fede nella prospettiva della gratitudine. Il Dio conosciuto dal popolo d’Israele ha manifestato la sua vicinanza attraverso il dono della liberazione, il dono dei comandamenti (che servono per restare liberi), il dono della terra promessa (che deve diventare il luogo nel quale questa libertà viene condivisa nella giustizia e nell’amore).
Gesù nel vangelo ci aiuta a comprendere che i comandamenti di Dio, la Legge (quella con la “L” maiuscola di cui parla il Deuteronomio), non vanno vissuti in una prospettiva di opprimente legalismo ma nella prospettiva della coscienza che è in continua maturazione ed in continuo discernimento. La Parola di Dio libera, forma e sostiene la nostra coscienza perché dal nostro cuore esca il bene e non il male.
Il Dio di cui parla la lettera di Giacomo è il Dio generoso nel donare la sua Parola. A noi è richiesto di accogliere con docilità questa Parola e incarnarla attraverso una religiosità socialmente impegnata: «Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo» (Gc 1,27). Il Dio di cui parla Gesù è il Dio che guarda al cuore molto più che alle apparenze esterne. A noi è richiesto di saper andare al di là del legalismo nel vivere la nostra fede, a noi è richiesto di educare giorno dopo giorno il nostro cuore perché sappia riconoscere e operare il bene nelle situazioni concrete della vita. Il cuore va educato anche a rigettare il male, perché il cuore è lo specchio del mondo interiore con tutte le sue ambiguità e passioni: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,21-23). Solo se avremo educato il nostro cuore a distinguere il bene dal male e la nostra coscienza a scegliere il bene e rigettare il male in modo costante, volontario e libero, solo allora potremo andare dove ci porta il cuore!
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