Lupetti e coccinelle che cantano in cerchio nella piazza, esploratori e guide accampati nelle radure, scolte e rover impegnati in un’azienda agricola confiscata alla mafia o su sentieri di montagna. Chi non ha incontrato degli scout quest’estate? Ne ha dato notizia anche a stampa locale, rincorrendo la realtà nei risvolti della cronaca nera, nel pronto soccorso di qualche ospedale periferico, quando il maltempo o qualche incidente hanno colpito le meravigliose esperienze di ragazzi e ragazze provenienti da tutta Italia.
Talvolta abbiamo letto parole dure e ingenerose, accuse di imperizia e irresponsabilità rivolte ai loro capi da parte di chi non conosce o dimentica che le attività affrontate sono previste dal metodo scout e vengono preparate con consapevolezza.
Ma chi sono questi capi e queste capo che investono tempo, si formano e affrontano fatiche e imprevisti per educare nella natura all’autonomia e alla responsabilità? Li avrete visti protagonisti a Verona in 19 mila la settimana scorsa per un raro evento nazionale dell’Agesci (l’esperienza precedente risale al ’97), che ha messo in evidenza orizzonti importanti già nel suo titolo: “Generazioni di Felicità”.
Generazioni diverse che camminano insieme, per generare felicità, per la propria vita, certamente, ma facendo la felicità degli altri, come ha chiesto il fondatore, Baden-Powell. Dal Trentino-Alto Adige eravamo circa 300 capi, tutti volontari, e non solo nell’anno di Trento capitale del volontariato, impegnati nel “servizio”, per seguire l’esempio di Gesù.
Qualche giorno di visibilità nazionale (per 50 anni ormai d’impegno associativo) che può portare a chiedersi: cos’hanno da dire o da dare gli scout dell’Agesci alla società italiana e alla Chiesa? L’impegno per il Paese è nella Promessa scout e l’associazione promuove per ogni età percorsi educativi che rendono i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi capaci di partecipare con consapevolezza e competenza alla vita sociale, pronti al confronto con gli altri per costruire insieme un mondo più giusto.
Perché la vita democratica va imparata, lo spirito critico va allenato, la capacità di contribuire al bene comune va condivisa con tutti e si fa carico dei più deboli. Anche di fronte all’emergenza ambientale e climatica, che attanaglia sempre di più cittadini e governi, lo scautismo può portare un contributo di conoscenza e di coerenza negli stili di vita.
E dentro la Chiesa? Gli scout dell’Agesci sentono di appartenervi pienamente ma in una posizione particolare, di “frontiera”. Sono consapevoli che spesso annunciano Gesù a chi altrimenti non ne sentirebbe parlare. Oggi raccolgono questa sfida anche interrogandosi su come educare alla vita cristiana e si confrontano con nuove esperienze suggerite dalla riflessione pedagogica più attuale e vissute attraverso il metodo scout.
La presenza preziosa di sacerdoti e animatori spirituali nei 1880 gruppi italiani (in Trentino-Alto Adige i gruppi Agesci sono 20) rafforza la competenza dei capi e delle capo rispetto alla Parola di Dio e dà ai bambini e ai ragazzi la possibilità di conoscere da vicino la Chiesa nei suoi diversi componenti, sacerdoti e laici insieme, donne e uomini, grandi e piccoli, ciascuno con sensibilità e intuizioni proprie, per fare incontrare la vita e la Parola. Anche la diarchia – ovvero la corresponsabilità di una donna e di un uomo a pari grado in ogni livello – rappresenta un modello valido per altri contesti ecclesiali.
Un’altra sfida importante che impegna l’associazione è l’urgenza di creare opportunità di condivisione profonda con ragazzi di altre religioni, perché la società italiana ha bisogno di cittadini capaci di condividere spazio, tempo, valori e cultura, pur nelle differenze che ciascuna identità porta con sé. Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti ha affidato agli uomini e alle donne di buona volontà questo bellissimo compito e gli scout dell’Agesci lo hanno assunto.
Una proposta educativa dunque, quella dell’Agesci, che accompagna la crescita di circa 150 mila bambini e bambine, ragazzi e ragazze, desiderando mantenersi fedele al fondatore dello scautismo e, contemporaneamente, fedele al proprio tempo, sempre in cammino con la Chiesa, per rispondere ai bisogni educativi che emergono dalla realtà del nostro Paese, “soglia” di incontro con tante famiglie e realtà differenti dell’Italia e del mondo attuale.
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