Una spiritualità “non bigotta”

L’arcivescovo Ivan Maffeis alla Lectio di Pieve Tesino

La ponderosa “Lectio” offerta a Pieve Tesino dall’arcivescovo Ivan Maffeis merita di essere riletta. Gli anziani vi troveranno con nostalgia il “loro” Alcide, leader di statura europea, i giovani vi scopriranno forse il personaggio che “aveva l’ambizione di essere onesto. Non osava mettersi tra i santi…”, come ha chiosato il nostro ex direttore. Storici e politici di opposte fazioni hanno elogiato vari passaggi del testo, a conferma della sua fecondità “trasversale” ai partiti: i principi di un’autentica democrazia, l’ispirazione della fraternità politica, la coscienza civile di De Gasperi.

Tra le molteplici chiavi di lettura della “profezia degasperiana” possiamo fermarci su quella che apre il nostro sguardo (ancora estivo, e forse più disponibile) alla dimensione della spiritualità.

“Non era bigotta”, esordiva don Ivan spiegando sulla base degli scritti dell’amico don Giulio Delugan che per Alcide De Gasperi “la spiritualità non è intimismo e nemmeno solo un modo privato di vivere la propria fede, ma un modo per far rinascere lo spirito negli altri, in tutte le forme in cui è possibile. È testimonianza del valore spirituale della vita e delle relazioni umane. È azione, parola, profezia appunto”.

Anche questo nostro tempo favorisce la tentazione di nascondere la lampada evangelica sotto il moggio, di accomodarci in un esercizio quasi privato della fede. Don Ivan, invece, esalta in De Gasperi una testimonianza cristiana che si esprime principalmente dentro le relazioni, negli ambienti di lavoro. Una spiritualità incarnata nel quotidiano, dentro la polis. Non in fuga dal mondo.

Fin dal suo impegno fra gli universitari cattolici il giovane Alcide suggerisce di considerare lo studio, la formazione, il lavoro come una vocazione.

Ne parla in questi termini nella citata lettera dal carcere romano alla moglie nel 1927: “Ho resistito fino all’ultimo sulla trincea avanzata dove mi aveva chiamato il dovere, ma era proprio la mia coscienza che me lo imponeva, le mie convinzioni, la dignità, il rispetto di me stesso. Ci sono molti che nella politica fanno solo un’escursione, come dilettanti, ed altri che la considerano come un accessorio di seconda importanza. Ma per me, fin da ragazzo, era la mia carriera o, meglio, la mia missione”. Maffeis ha poi citato Dante, Manzoni e il nostro Rosmini per inserire nel solco del cattolicesimo liberale italiano lo sguardo di De Gasperi fisso sulla Provvidenza divina, intesa come “un disegno che sta sopra ogni attività umana”. Questa fiducia però non ci esime dal dovere di corrispondere con la nostra libertà e responsabilità di iniziativa. “Chi pretende di pianificare tutto dall’alto crea mostri e comprime l’intelligenza e l’indipendenza umane. Rivolgendosi insistentemente alla Provvidenza, De Gasperi compiva un gesto profetico che valorizzava l’iniziativa umana. Infatti, se da una parte attribuiva alla Provvidenza le chiavi del governo del mondo, in ogni occasione poi non mancava di ridisegnare il profilo del suo partito”.

Questa visione provvidenziale della storia non consente rassegnazione e passività, non perdona un “chiamarsi fuori” in tempi cupi come quelli che stiamo vivendo.

Sull’ancoraggio dello statista trentino alla Parola di Dio si è scritto molto, ma questa Lectio ci propone di cogliere – attraverso il commento di Erri de Luca – il contributo che alla lettura della Sacra Scrittura hanno saputo dare col tempo uomini ispirati come Alcide De Gasperi. Per questo sarebbe un buon compito estivo andare a leggere i suoi epistolari in cui la sua confidenza con la Bibbia risulta immediata.

Infine, il tempo della delusione, del “non appagamento”. Non raggiungere la terra promessa ma – proprio come Mosè – , intravederla da lontano. Anche questo è un capitolo di questa lezione di sana spiritualità laicale: comprendere il limite di ogni azione umana, senza fermarsi a critiche e lamentele, riconoscendo però il cammino percorso prima ancora che quello incompiuto. Saper stare al proprio posto, “a qualunque costo”, lasciando che siano altri compagni di viaggio – e il Signore della storia – a portarlo a compimento.

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