25 agosto 2024 – Domenica XXI Tempo Ordinario B
Gs 24,1-2.15-18; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69
«Nessuno può venire a me se, se non gli è concesso dal Padre mio». Gv 6,65
Sono ormai trascorse diverse settimane dall’inizio della lettura del capitolo sesto di Giovanni. Uno sguardo all’indietro ci aiuta a comprendere il brano evangelico proposto per questa domenica, brano conclusivo del discorso eucaristico. Tutto era iniziato con la moltiplicazione dei pani, segno compiuto da Gesù per introdurre il discorso sul Pane di Vita e per far comprendere che Egli avrebbe donato ben altro cibo, vale a dire se stesso (la sua «carne» e il suo «sangue»). Non era stato compreso il segno iniziale, non viene compresa nemmeno la successiva spiegazione del segno. Gli uditori di Gesù rimangono scandalizzati da questo suo insistere sul fatto che è necessario mangiare la sua carne e bere il suo sangue per avere la vita eterna. Perfino molti discepoli trovano scandaloso e irritante questo modo di parlare di Gesù. Ed è con la menzione di questa difficoltà che si apre il brano evangelico proposto per questa domenica.
Gesù vuole farci comprendere alcune realtà essenziali: che per conoscere il Padre occorre incontrare il Figlio e ricevere lo Spirito; che se riconosciamo il Figlio è perché il Padre ci sta attirando con la forza dello Spirito; che per entrare in comunione col Padre è necessario accogliere il Figlio nella fede grazie allo Spirito Santo. Tutto questo va collocato dentro la realtà dell’Eucarestia, che si svela a noi come un dono gratuito nel quale è all’opera l’intera Trinità, un dono che ci inserisce nella vita stessa della Trinità. Non è però opera nostra, non è opera puramente umana comprendere ed accogliere questa realtà! È opera dello Spirito che alimenta e sostiene la nostra poca fede introducendoci nella vita autentica, cioè nella vita in comunione con Dio. Vanno in questo senso le parole forti di Gesù: «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 63).
L’evangelista Giovanni sottolinea che, dopo il discorso eucaristico e le defezioni massicce dei discepoli, Gesù si rivolge provocatoriamente ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 67). Ed è a botta calda e a nome dei Dodici che Pietro risponde: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 68-69). L’Eucarestia pertanto provoca la nostra fede e ci interpella, il dono dello Spirito fa sì che nell’Eucarestia riconosciamo, confessiamo e accogliamo Gesù, il Santo di Dio. Questo riconoscimento ci porta a fare la scelta decisiva per la nostra vita, che è quella di restare con Gesù, perché senza di Lui la nostra vita non avrebbe senso.
Proprio commentando questo vangelo, s. Giovanni Paolo II ricordava ai giovani riuniti a Roma per la Giornata Mondiale della Gioventù: “L’Eucaristia è il sacramento della presenza di Cristo che si dona a noi perché ci ama. Egli ama ciascuno di noi in maniera personale ed unica nella vita concreta di ogni giorno: nella famiglia, tra gli amici, nello studio e nel lavoro, nel riposo e nello svago. Ci ama quando riempie di freschezza le giornate della nostra esistenza e anche quando, nell’ora del dolore, permette che la prova si abbatta su di noi: anche attraverso le prove più dure, infatti, Egli ci fa sentire la sua voce” (Omelia 20 agosto 2000). E allora, davvero, da chi andremo, Signore? Tu solo hai parole che trasformano la nostra piccola e fragile vita in vita eterna e piena.
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