Maffeis: De Gasperi fu il Mosé del nostro Paese

Mons. Maffeis durante la Lectio Degasperiana oggi a Pieve Tesino (foto Gianni Zotta)

 

“Un uomo politico dotato di capacità profetiche. La sua grandezza non si misura solo con quello che ha fatto come statista, ma soprattutto per la testimonianza che ci ha offerto”. E’ la prima pennellata con cui don Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia-Cittá della Pieve, ha ritratto  oggi pomeriggio Alcide De Gasperi a 70 anni dalla morte in apertura della Lectio Degasperiana promossa ogni anno a Pieve Tesino. Un ricordo solido e documentato, appassionato e a tratti commovente, come ha testimoniato il lungo applauso che ha suggellato i suoi 35 minuti di riflessione. Alla presenza delle autorità politiche provinciali (in prima fila il presidente Fugatti e il prefetto Petronzi) Maffeis  ha parlato davanti a numerosi amici e ad una rappresentanza attenta e partecipe della società civile trentina.

Accolto dai canti del coro Valsella e dalla “forte richiesta di profezia” espressa dal sindaco di Pieve Tesino Oscar Nervo, don Ivan é stato così presentato dall’amico Giuseppe Tognon, presidente della Fondazione De Gasperi che ha evidenziato in prima fila la presenza degli arcivescovi Lauro Tisi e Luigi Bressan.

“Come gli antichi profeti – ha proseguito il pastore trentino durante l’affollato incontro presso il Centro Polifunzionale – ha indicato una strada e un metodo politico che vanno oltre la sua stessa esistenza. Ha accettato di mettersi alla guida del suo popolo, senza garanzie e senza esitazioni”. Di qui il paragone con Mosè, che subisce anche delusioni e frustrazioni, ma poi arriva a mostrare al suo popolo la terra promessa. “De Gasperi ha condiviso i valori di fondo della Resistenza e ha partecipato con convinzione alla transizione democratica dal Regno alla Repubblica – ha detto Maffeis – ; ha salvato la continuità dello Stato; ha contribuito a dare al Paese una Costituzione tra le più solide; ha ricostruito le basi della collocazione dell’Italia nella comunità dei Paesi occidentali; ha allargato l’orizzonte politico europeo. Con la sobrietà del suo modo di praticare la fede, ha anticipato gli insegnamenti del Concilio Vaticano II; ha offerto un esempio di laicità e insieme di fedeltà alla Chiesa; ha impegnato i credenti per la democrazia rappresentativa, così da dare senso politico alla tradizione riformatrice del cattolicesimo sociale. Soprattutto, con la sua azione tenace ha rimesso al centro la politica, mostrando che spettava proprio a essa rimediare alla terribile crisi in cui aveva gettato l’umanità. […]

“Come tutti i profeti, non era un moderato.  amava l’idolatria del capo – ha esclamato Maffeis denunciando narcisismo e fondamentalismo –  sentiva più il bisogno di guidare le masse che il bisogno di imporre’.

Secondo Maffeis nella vita di Mosè, come in quella di De Gasperi, c’è una terza stagione. Nell’esperienza di un roveto ardente Mosè è visitato da Dio, che gli insegna a «togliersi i sandali», a non rinnegare la propria storia, ma a ripensarla fino a sentire che è «terra santa». La Legge promulgata dal Sinai era funzionale a questo disegno: uno strumento che aiutava a passare dalla condizione servile a quella della libertà per il servizio. Questo cammino avviene tra mille difficoltà, segnate dall’ingratitudine e dall’infedeltà del popolo, che, davanti agli stenti del viaggio, si rifugia in un rimpianto ricorrente per la precedente condizione, quando in Egitto era «attorno alla pentola delle cipolle».

Fuori dal testo scritto,  don Ivan ha rivolto infine  un invito a braccio alla responsabilità che i politici oggi devono avvertire nel servizio al bene Comune per dare speranza nel futuro.

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