Le vibranti reazioni nei social e sulla stampa all’abbattimento dell’orsa KJ1 il 29 luglio, sia contrarie che favorevoli, rimbombano quelle provocate dal “prelievo” di M90 il 5 febbraio. Ma il blitz “animalista” alla sede romana della Provincia autonoma di Trento segna la violazione di un limite che, a questo punto, va fortemente stigmatizzato. Con effetto retroattivo visto che in altre occasioni gli autori di quest’azione avevano espresso la loro protesta con le stesse modalità violente – ma anche con una valenza preventiva, dal momento che il probabile ripetersi di queste situazioni e il confronto richiesto dall’annunciato referendum popolare in val di Sole impongono di ribadire un elementare principio democratico: deve essere sempre possibile esprimere la propria opinione contraria ad un provvedimento – lo sancisce la Costituzione italiana – ma non si possono mettere in atto azioni “contro” i diritti fondamentali delle persone, anche quando si è “contro” le loro idee e le loro scelte amministrative.
Per questo appare grave e tremendamente diseducativo il blitz romano documentato da questi sedicenti animalisti con un video sui social (non lo farei vedere ad un gruppo di ragazzi, se non per evidenziarne criticamente la pericolosità) che riesce a forzare la vigilanza di un incolpevole “usciere” e va a colpire maldestramente – nel tentativo di aprirlo o scardinarlo – il portone di quell’ufficio in cui tanti trentini possono e devono sentirsi “a casa” quando scendono a Roma: il “presidio” provinciale di via della Scrofa è infatti un utile appoggio per quanti si recano nella capitale per motivi di rappresentanza o per appuntamenti di carattere amministrativo.
Ed il commento sonoro dei manifestanti – infarcito di accuse oltraggiose come “assassino” e “vigliacchi” – sembra voler accentuare il volume di una protesta che probabilmente gli stessi autori ritengono eccessiva nelle conseguenze sulle cose oltre che sulle persone.
“La mia missione è rendere giustizia agli animali”, spiega nella prima pagina del suo sito personale Enrico Rizzi, l’attivista trapanese alla guida del blitz all’ufficio della Provincia e più volte salito alle cronache per qualche denuncia per diffamazione; nel suo manifesto d’intenti afferma: “Combatterò la violenza sugli animali con ogni mezzo possibile. È una battaglia di civiltà”. Ma è proprio in quella precisazione “con ogni mezzo possibile” che si coglie la lapalissiana contraddizione: “con ogni mezzo possibile” significa evidentemente “anche con la violenza”. E qualora a sua difesa affermasse che il blitz romano del 30 luglio non era violento (ma le immagini girate dai suoi compagni d’assalto parlano da sole), potremmo ribattere che fa male anche la violenza verbale.
È quella che si rinnova ad ogni cattura di orso nei tanti commenti sui social – da “assassini” a “trogloditi”, da “vigliacchi” a “m…” – che riguardano non solo il presidente Fugatti e i suoi collaboratori, ma si estendono spesso anche ai giornalisti autori di articoli che si sforzano – lo possiamo testimoniare – di rappresentare con equilibrio e rispetto delle varie posizioni una questione oggi in Trentino tanto complessa quanto divisiva.
Senza entrarvi nel merito (lo si è già fatto e lo si farà ancora), preme qui osservare quanto questo animalismo dal braccio armato e dalla voce violenta finisce per essere improduttivo (come ogni gabbia ideologica che si ritiene immodificabile) e perfino controproducente alla stessa causa per la quale tanti altri “protezionisti” – come preferiamo chiamarli – si battono invece nel rispetto delle altre persone e delle altre idee.
Altre sigle – pur utilizzando in modo fragoroso gli strumenti della propaganda – accettano di rimanere entro i confini del confronto democratico: chiedono la piazza per manifestare apertamente (senza far arrivare anonimi messaggi di morte, che hanno richiesto per qualche mese la scorta al presidente Fugatti) e utilizzano la procedura dei ricorsi amministrativi, anche se più lenta.
Così come ci sono altri ambientalisti attenti ad una ecologia integrale (la prospettiva indicata da papa Francesco nella Laudato Si’ che rispetta i diritti di tutti gli esseri viventi, ma non equipara l’uomo ad una qualunque specie (secondo le posizioni antispeciste), riconoscendogli invece una posizione di superiorità “responsabile”, perché sempre in relazione agli altri esseri senzienti dentro una visione “concreaturale”, come la definisce il teologo altoatesino Martin Lintner nel suo fondamentale “Etica animale” (Queriniana, 2021). Si può essere protezionisti avvertendo il primato dell’uomo e il valore di ogni creatura, impegnandosi a favorire una più serena e possibile coesistenza fra persone e animali, portando proposte e soprattutto contributi scientifici di qualità che aiutino sagge scelte politiche e amministrative.
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