“Da questa città rinnoviamo il nostro impegno a pregare e operare per la pace: per la martoriata Ucraina, per la Palestina e Israele, per il Sudan, il Myanmar e ogni popolo che soffre per la guerra”. Il Papa ha concluso con questo appello l’Angelus pronunciato da piazza dell’Unità d’Italia, a Trieste, al termine della Messa presieduta a conclusione della 50esima Settimana Sociale dei cattolici in Italia.
“Assicuro la mia vicinanza ai malati, ai carcerati, ai migranti, a tutti coloro che fanno più fatica”, il saluto speciale del Papa dopo il ringraziamento al vescovo Trevisi e a tutti coloro che hanno organizzato e collaborato ai lavori di questi giorni. “Trieste è una di quelle città che hanno la vocazione di far incontrare genti diverse: anzitutto perché è un porto, e un porto importante, e poi perché si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani”, ha sottolineato Francesco, secondo il quale “in queste situazioni, la sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile è di saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità”.
Papa Francesco ha chiesto alla comunità credente – tante le persone in piazza provenienti anche dalla Slovenia – di non essere indifferenti di fronte alla sofferenza degli altri. “Noi, che talvolta ci scandalizziamo inutilmente di tante piccole cose, faremmo bene invece a chiederci: perché dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti, non ci scandalizziamo? Perché restiamo apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non prendiamo a cuore la situazione dei carcerati, che anche da questa città di Trieste si leva come un grido di angoscia?”.
“Perché non contempliamo le miseria e il dolore, lo scarto di tanta gente nella città? Abbiamo paura di trovare Cristo lì”, ha aggiunto a braccio. “Gesù ha vissuto nella propria carne la profezia della ferialità, entrando nella vita e nelle storie quotidiane del popolo, ha ricordato Francesco nell’omelia.
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