Emigrati, riannodare i fili e tesserne di nuovi

Una precedente Convention degli emigrati trentini in Stati Uniti e Canada. Foto archivio Vita Trentina

Lo spunto
Nell’autunno di 70 anni fa a New York, travolto da un’auto mentre attraversava una strada, morì un giornalista originario di Arco, Giovanni Amistadi. Fu uno degli emigrati dal Trentino, insieme al padre Bonifacio Bolognani e ad Angiolino Franchini che si preoccupò di riannodare i fili dei padri e dei figli dell’emigrazione nordamericana. Questo numero di “Judicaria” dedica alcuni capitoli all’esodo che segnò la vita sociale ed economica di molti villaggi del Trentino. Ci occupiamo di loro perché nei primi giorni di settembre a Pinzolo è convocata la “Convention” di Ittona che riunisce i circoli di emigrati trentino-tirolesi negli Stati Uniti e Canada.
                                                                    Alberto Folgheraiter (“Judicaria”, giugno 2024)

La biennale Convention (convegno, congresso, raduno) dei Circoli Trentini del Nord America non si terrà quest’anno in una località degli Stati Uniti o del Canada, ma a Pinzolo. Non solo per il futuro museo che lì vi si vuole allestire, ma perché dell’emigrazione il centro turistico della Rendena può considerarsi un po’ la “capitale”, per le antiche tradizioni legate ai moleta e per il ruolo trainante che esercita ora nell’economia dell’ospitalità e della montagna di tutto il Trentino, e delle Giudicarie. Rappresentano la realtà territoriale con i maggiori collegamenti di ricordi, di memorie, ma anche di attuali contatti e scambi con i Paesi dell’”altro Trentino”, quello degli emigrati. Dagli Stati Uniti e Canada all’America del Sud, dall’Australia alla stessa Europa (Germania e Austria in particolare), ma anche in città italiane ex asburgiche come Trieste, rimane la presenza di famiglie e realtà commerciali magari insediate da generazioni che però hanno mantenuto identità e collegamenti “a casa”, al paese d’origine e spesso ancora esprimono il suo dialetto.

A dare notizia della Convention, in programma nei primi giorni di settembre a Pinzolo, è la rivista culturale “Judicaria”, uscita nel numero estivo con rinnovata veste grafica ed editoriale per la direzione di Alberto Folgheraiter.

Le implicazioni della proposta d’incontro (che è coraggiosa, perché il viaggio da Stati Uniti e Canada resta costoso e chi lo intraprende – già 200 persone si sono prenotate – lo fa a proprie spese) non sono però solo di memoria e “revival”, non consistono solo nel “riannodare i fili”, ma anche nel tesserne di nuovi fra la terra trentina e le nuove generazioni che non sembrano in grado di garantire ai Circoli il necessario ricambio di presenza ed organizzazione, soprattutto in Europa, a fronte di esigenze e bisogni certo nuovi, ma profondi al pari di quelli che spinsero a emigrare genitori ed avi.

Si tratta forse di rivedere i ruoli dei Circoli, ripensando la loro funzione e in questo l’esperienza dei circoli americani e canadesi, che sono fra i più organizzati e dinamici, può giovare. Perché dal Trentino si continua ad emigrare, ma ad andarsene non è più chi si trova in povertà, ma giovani spesso laureati, e però incerti o precari nel loro futuro, giovani che cercano un appoggio, magari, a studi ulteriori, o un reddito per pagarsi una specializzazione, o l’apprendimento di una lingua. È bene uscire dalla propria terra, dal paese e dalle città di origine, per allargare i propri orizzonti, ma è bene non recidere tutti i legami per poter poi ritornare alla propria terra con esperienze tali che possano renderla migliore.

In questo percorso è importante comunque non cadere vittime di speculazioni che proprio i giovani prendono di mira: i costi di un alloggio, per esempio, che possono portarsi via uno stipendio intero. Quando fummo a New York con la “Trentini nel mondo”, per una Convention Ittona negli anni Ottanta, Lou Rossi (un grande personaggio) ci incontrò nella sede del circolo che presiedeva, in una piccola palazzina a Brooklyn, in una via abitata soprattutto da famiglie italiane, spagnole e cinesi.

Il Circolo, al primo piano, era un “Inno al Trentino” con le gigantografie di montagna dei Fratelli Pedrotti, i piatti di rame sbalzato, il paiolo della polenta in cucina, le foto dei grandi campioni sportivi identitari (su tutti Francesco Moser), ma ci informò anche che l’appartamento al secondo piano era in vendita. Il prezzo non era trascurabile, ma consono al mercato e non maggiore del costo di un appartamento in una località turistica del Trentino. Forse la Provincia avrebbe potuto esserne interessata? Avere un recapito e una residenza a New York, per i giovani studenti trentini che già allora numerosi andavano a studiare negli Stati Uniti, avrebbe potuto essere utile e interessante. E Lou Rossi, che lavorava come capo uomini di una grande impresa di costruzioni a New York (non solo grattacieli, ma scavi, metropolitana… ) avrebbe potuto trovare anche qualche buon posto di lavoro a chi avesse voluto integrare le sue disponibilità. Non se ne fece nulla, ma il problema resta attuale. Occorre poter gestire il flusso di giovani “fuori casa”: non abbandonarlo a se stesso, non darlo per smarrito. Infatti, si presenta tale anche in Europa, dove la situazione è diversa, perché gli Stati si sono integrati e i cittadini sentono di appartenere ad una Unione comune, anche se poi, di fronte alle difficoltà, per un giovane avere un punto d’appoggio in una città come Londra, Parigi, Amsterdam, Norimberga resta importante.

La Convention di Pinzolo non potrà affrontare tutti questi temi, ma non dovrà neppure esaurirsi in una sorta di “turismo del rientro” o della nostalgia. Occorrerà ascoltare l’esperienza nord-americana, dove i Circoli , nonostante la forte integrazione raggiunta dalle famiglie degli emigrati trentini, restano forti perché vengono percepiti come Club, non solo come richiamo alle origini o luoghi di patronato. Ascoltare, accogliere, motivare , e riflettere non solo su quanti se ne sono andati, ma su quanto, del Trentino, hanno costruito quelli che sono ritornati (non solo con le “rimesse” del loro lavoro, ma con la loro esperienza e la loro vita), oltre ai contatti internazionali che chi è rimasto è in grado di garantire proprio ai giovani. Ascoltare e ringraziare, perché il Trentino è stato costruito anche “dall’altro Trentino”, quello fuori da Salorno e Borghetto.

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