23 giugno 2024 – Domenica XII Tempo Ordinario B
Gb 38,1.8-11; 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41
«Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» Mc 4,41
“Chi sei tu? E chi sono io?” è questa una delle domande che accompagnano la preghiera notturna di san Francesco nelle notti del 1224, sul Monte della Verna, prima di ricevere le stimmate (Cfr. Fioretti, Considerazioni sulle Stimmate 3: FF 1915). E nella sua riflessione Francesco avverte da un lato la grandezza e la dolcezza di Dio e dall’altro la propria fragilità di creatura. Queste due domande attraversano anche le letture di questa domenica.
Nella prima lettura Dio risponde a Giobbe, che lo ha chiamato in causa, e risponde interrogandolo: «Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno?» (Gb 38,8). Il versetto (e il brano intero) sono tratti dai capitoli finali del “Libro di Giobbe” che presentano due dialoghi tra il Signore e Giobbe. È in questi due dialoghi che Giobbe prende coscienza fino in fondo di essere una creatura limitata. Attraverso questa esperienza egli prende pure coscienza dell’onnipotenza di Dio, cioè della sua assoluta libertà in quanto Creatore. Nella nostra epoca siamo colpiti dal delirio dell’onnipotenza scientifica e tecnologica, la sua attuale frontiera è quella dell’Intelligenza Artificiale. È ancora una volta l’esperienza del limite radicale della nostra esistenza (fallimento, malattia, sofferenza e morte) a far sorgere in noi le domande fondamentali: Chi siamo realmente? Quale valore ha la nostra vita? Qual è l’autentica possibilità di superare i nostri limiti? Chi è Dio? E cosa c’entra in tutto questo?
La seconda serie di domande la ritroviamo nel vangelo di Marco. Sulla bocca dei discepoli investiti dalla tempesta affiora l’interrogativo angoscioso: «Maestro non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4,38). La replica di Gesù, dopo aver sedato la tempesta, avviene tramite una contro domanda di perenne attualità per noi: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40). Il brano si conclude con la domanda stupita dei discepoli che si interrogano sull’identità di Gesù: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,41). Dopo aver fatto l’esperienza di essere creatura, occorre riconoscere in Gesù il creatore, che incarnandosi si è fatto creatura, occorre riconoscere che in questo modo Dio mette al nostro servizio la sua onnipotenza e la sua libertà. Lo fa per amore nostro. Chiediamo a noi stessi: Quali paure e quali sfiducie sono presenti nella nostra vita? In quali momenti l’esperienza della nostra fragilità creaturale ci porta a temere che Dio si sia dimenticato di noi? Quali esperienze ci hanno fatto esperimentare la presenza potente e libera di Cristo accanto a noi?
Nella seconda lettura San Paolo sottolinea il significato dell’essere cristiani e ci fa prendere coscienza di quella trasformazione meravigliosa che è avvenuta nel mondo e nella nostra vita con la Pasqua di Gesù: «Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). Ecco la risposta ultima alla domanda sul: “Chi sono io?”. Sono una creatura nuova, sono diventato Figlio di Dio grazie al battesimo e al dono dello Spirito che mi hanno immerso nella Pasqua di Gesù. Quale dignità mi è donata. E quale responsabilità mi aspetta.
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