Lo spunto
Promosse, ma non a pieni voti le amministrazioni trentine per la gestione delle risorse, mentre Provincia e Regione devono impegnarsi in maniera più consistente per arrivare ad una ragionata e condivisa riduzione del numero dei Comuni. Questa quanto comunicato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, dopo l’approvazione del 6 marzo scorso della deliberazione riguardante l’esame dei rendiconti 2022 e dei bilanci di previsione 2023/25 dei Comuni della Provincia di Trento. Occorre mirare a un maggior equilibrio fra il conseguimento della risorse disponibili e le spese.
Francesca Cristoforetti (da “l’Adige”)
La presa di posizione della Corte dei Conti, la magistratura benemerita che tiene sotto controllo eventuali sperperi dell’ente pubblico, ha avuto vasta eco per la sua autorevolezza. Rilanciata da alcune amministrazioni comunali, ha mostrato un Trentino fragile, impreparato, incapace di far fronte alla struttura stessa della sua identità istituzionale, all’intelaiatura della sua Autonomia, ottenuta con quel difficile capolavoro politico che è stato il Secondo Statuto. La fragilità emerge dall’incapacità di gestire proprio i Comuni, i loro bilanci, le loro competenze, tanto che la Corte suggerisce la scorciatoia di eliminarne un buon numero, accorpandoli. Emerge anche dall’impreparazione di tutto l’impianto burocratico, frutto anche di errori del passato, quando i Comprensori, stravolti nelle loro funzioni, vennero aboliti. Eppure erano nati proprio per affrontare i problemi urbanistici e di sviluppo (e quindi i bilanci) di più aree correlate e non, come divennero poi, strumenti per la gestione del consenso ai partiti ed ai loro esponenti, secondo la lucida accusa dello storico Paolo Prodi.
Un’altra “fragilità” (per usare un eufemismo) sta nell’incapacità della Provincia di preparare una classe dirigente adeguata alle sue mansioni. L’università, si disse quando nacque Sociologia, doveva avere anche questo scopo.
L’ammonimento della Corte dei Conti denuncia il problema, ma non presenta una soluzione realmente adeguata. L’esperienza ha dimostrato come l’accorpamento dei Comuni, con la cancellazione dei minori, non sia socialmente consigliabile. Forse consente qualche ridotto risparmio monetario (peraltro dubbio stando ad alcune dichiarazioni degli stessi amministratori), ma si trova ad affrontare problemi più complessi e ha ricadute umane negative. I Comuni trentini, infatti, non sono semplici strutture amministrative, strumenti tecnici. Sono realtà di convivenza radicate nei secoli, con origini, ragioni di sussistenza e ruoli specifici. Spesso l’etimologia aiuta a capire perché si trovino, a distanza ravvicinata, realtà comunali distinte. Vigo e Villa in Rendena ad esempio, laddove “vicus” era il paese e “villa” la tenuta agricola del proprietario, spesso latifondista. Oppure Carisolo e Pinzolo, sempre in Rendena, vicinissimi, ma abitati da insediamenti di origine diversa. Così in Valsugana o nelle valli dell’Avisio, dove sul versante a solatio si trovano insediamenti di origine latina, con suffissi in “-ano”, mentre in quelli a settentrione si presentano vecchi nomi di origine prelatina o retica; un segno che le più antiche popolazioni, di fronte alla colonizzazione romana, si erano ritirate in luoghi più isolati, lasciando ai nuovi conquistatori i versanti più produttivi.
Ora è indubbio che qualche razionalizzazione possa essere fatta nei Comuni, ma se questa si traduce in una tendenza generale l’effetto diventa quello di una profonda perdita di identità e di senso di appartenenza. È quanto sta avvenendo sul territorio, se è vero che una delle ragioni della crisi del Trentino (mai così ricco come in quest’ultimo periodo storico, ma poco apprezzato dai suoi giovani e da chi vi potrebbe trovare lavoro), sta anche nella perdita di identità dei suoi luoghi, troppo spesso uniformati a contenitori di presenze turistiche, e nelle “assenze” di quanti dovrebbero animarli (medici, parroci, insegnanti residenti, amministratori …). Ecco perché la strada di unificare i Comuni per ridurne le spese non appare adeguata.
I paesi trentini sono comunità, si sono sempre sentiti tali, con autonomia, ma anche con la presenza e la vicinanza che alla comunità sanno dare figure professionali di riferimento forte: la guida spirituale, il maestro, il medico condotto, l’avvocato e il pretore. In questa prospettiva anche il sindaco (che non era il podestà del fascismo) veniva considerato una sorta di “papà” del paese, che si faceva carico dei problemi di tutti. Non stupisce molto quindi, ora che i sindaci sono “bipolarizzati” e marcati da profonde etichettature partitiche, che sia cresciuto tanto l’astensionismo al voto, come si è visto anche domenica scorsa.
Nelle comunità, come in famiglia, bisogna saper tenere anche i conti. Il papà lavorava e consegnava alla mamma la busta paga, ed era lei che provvedeva ai bisogni della famiglia e ai risparmi. Per quanto riguarda i paesi il ruolo di destreggiarsi fra i bilanci e le carte era affidato ai segretari comunali, che diventavano quindi personaggi rilevanti e fondamentali, i cui nomi sono ancora ricordati nei paesi, come artefici di sviluppo. Ed è di qui che occorre ripartire, preparando adeguatamente una classe di professionisti radicata, appassionata della storia stupenda delle nostre valli, con presenze che possano costituire un punto di certezza amministrativa di fronte allo Stato. È vero che il segretario comunale si trova sempre fra il difficile incudine della politica e il martello della magistratura, ma è anche vero che il Trentino e i Trentini, per le scuole che hanno a disposizione e per le esperienze che possono maturare, sono perfettamente in grado di affrontare questa sfida. Non si tratta di costi, ma di investimenti necessari: abbiamo bisogno di investire in uomini e donne, nella loro professionalità e stabilità, più che in rotatorie, marciapiedi e rettifiche stradali. Mentre mancano i medici, gli esperti di pubblica amministrazione, i prof che non facciano i pendolari.
Dopo il monito della Corte dei Conti, cogliamo la sfida di formare giovani adeguati, preparando loro percorsi di tirocinio, e di chiarire un po’ la matassa legislativa e burocratica quando può prestarsi a interpretazioni dubbie o equivoche. Crediamo questa possa essere una soluzione più efficace che assemblare i Comuni, sommando di fatto i loro problemi e mutando i loro nomi segnati dalla storia in etichette che spesso riecheggiano fin troppo da vicino il marketing.
Lascia una recensione