A Trento le Poesie dalla Prigione di Mahvash Sabet per la libertà delle donne iraniane

Sono tratte dal volume Poesie dalla Prigione di Mahvash Sabet, imprigionata a Teheran nel carcere di Evin dove ha già trascorso oltre 10 anni e dove dovrà stare per altri 10 per il solo fatto di appartenere ad una minoranza religiosa, la comunità bahá’í dell’Iran, le letture che animeranno il prossimo 29 maggio presso la sala della Fondazione Caritro a Trento un reading di poesia interpretato da Marta Marchi con l‘accompagnamento musicale della pianista Anna Libardi.

L’evento, organizzato da Aps Ballerio Ets e dalla Comunità Bahá’í di Trento, in collaborazione con Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, l’OIVD-Osservatorio interreligioso sulla violenza contro le donne e l’associazione Moses Onlus che opera in Myanmar, sarà introdotto da una breve presentazione e con la partecipazione di Massimiliano Pilati, già presidente del Forum Trentino per la Pace e del prof. Pejman Abdolmohammadi docente di Relazioni Internazionali del Medio Oriente dell’Università di Trento.

Arrestata con la collega Fariba Kamalabadì, che aveva trascorso con lei i primi dieci anni dietro le sbarre, Mahvash Sabet viene nuovamente condannata ad altri dieci anni di reclusione L’avvocata Shirin Ebadi, premio Nobel e avvocata difensora di Mahvash e Fariba durante il loro primo processo, ha affermato che nel 2008 “non è stato offerto uno straccio di prova” per dimostrare le accuse contro la sicurezza nazionale o altre imputazioni. Né sono emerse nuove prove in questo ultimo processo.

In questo modo la storia di Mahvash si lega non solo al destino delle 10 donne bahá’í (la più giovane di 17 anni) impiccate per lo stesso motivo il 18 giugno 1983 alle quali, in occasione del 40 anniversario dalla loro uccisione, la comunità bahá’í internazionale ha dedicato questo intero anno, ma anche in onore e a supporto di tutte quelle donne iraniane che hanno condiviso e condividono la lotta, la repressione e la prigionia a causa delle loro idee.

Le donne in Iran sono cittadine di seconda classe, e non solo in Iran; I loro diritti, permanentemente violati, non sono oggetto di dibattito come in Occidente, dove il divario di genere è evidente, ma dove, in un contesto democratico permanente, il dialogo tra strati sociali lo rende sempre meno visibile. Ma in Iran questo non accadrà mai. Semplicemente perché ci sono circa 24 leggi progettate specificamente per opprimere le donne. Le donne in Iran possono essere violentate, picchiate e persino mutilate se sorprese a infrangere una qualsiasi delle regole. E se appartengono a una religione diversa, come i baha’i, da decenni oggetto di una durissima campagna di oppressione ed eradicazione, rischiano la pena di morte.

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