Rovereto, le potenzialità nell’urna

Credit: Comune di Rovereto

Rovereto, elezioni comunali: cinque candidati sindaci e solo 13 liste in lizza (a fronte delle 17 della scorsa consultazione). Alcune di queste non raggiungono i 32 candidati (numero massimo ammesso). Schieramenti al governo in Provincia e a Roma, nella città della Quercia risultano fieramente divisi.

Una campagna poco vivace, con qualche “solito noto” e molti “insoliti ignoti”. Si percepisce un certo scollamento tra il blocco di aspiranti amministratori e la società civile, si spera non foriero di scarsa partecipazione al voto.
Ma quello che maggiormente sembra mancare risultano le idee. E dire che di materia per ripensare la città e il suo ruolo ve ne sarebbe in abbondanza…
Rovereto è da tanto (troppo) tempo una città dalle “potenzialità”. Un termine ambivalente: evoca delle possibilità ma non delle certezze, implica visione e coraggio, capacità e risorse.
Una città sempre divisa tra un non comune cosmopolitismo, una certa propensione al campanilismo e una mai sopita soggezione nei confronti del capoluogo; un tempo capace di progettualità lungimiranti, ma sempre di guardare il dito invece che la luna; in grado di generare grandi proposte culturali ed eventi, accompagnati però da carenza di posti letto, serrande dei negozi giù alle 19, ristoranti che chiudono la cucina alle 21 e un traffico degno di una metropoli.
È una città rimasta senza una banca di riferimento territoriale. Esiste un biglietto unico per i musei, ma permane l’“autismo” di molti attori del mondo culturale e turistico, con scarsa volontà di contribuire a un disegno della città. È la Città della Pace, ma una pace spesso intesa e promossa con modalità novecentesche.
Rovereto verrà presto attraversata dal corridoio del Brennero: un’opera strategica, ma sul cui impatto per la città in pochi si sono interrogati.
Molto necessita di aggiornamento e integrazione. La qualità di servizi e infrastrutture è alta, ma va mantenuta; le politiche sociali già solide devono guardare alle nuove povertà e fragilità, valorizzando una rete associazionistica competente e matura; i settori produttivi, della formazione e della ricerca dovranno dimostrarsi meno “provinciali”, più duttili e competitivi, innovando nella tradizione, e slegandosi dal consueto sostegno pubblico.
Da salvaguardare a Rovereto sono l’identità comunitaria e la tradizionale “fierezza” dell’appartenenza, la convivenza di fede e laicità (compreso qualche reciproco eccesso giacobino), l’attitudine al confronto democratico, la schiettezza e la generosità diffuse, la capacità di accoglienza, la resilienza di fronte alle avversità e la capacità di reinventarsi (che la città ha dimostrato in molte stagioni della sua storia).

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