Ma quanti nervosismi pre elettorali…

Non è una novità: i partiti sono preda dell’attesa della prova elettorale dell’8 e 9 giugno e cercano di tenere la scena a tutti i costi. Tutto serve a far immagine, l’accoglienza della premier a Chico Forti che rientra in Italia avendo ottenuto di finire di scontare la sua pena da noi, la corsa a fare di Ilaria Salis l’icona della perseguitata da Orban, il sostegno al referendum di Landini contro il jobs act, lo spazio concesso in TV a Santoro, e via via fino allo sfruttamento di ogni occasione anche marginale per raccattare voti.
Se dovessimo stare ai sondaggi non sembra che tutto questo serva a molto: le percentuali di consenso dei vari partiti e movimenti non si muovono di gran che, le rare variazioni massime sono circa dello 0,5% in più o in meno. Però c’è un blocco di intervistati intorno al 35% che non si esprime e non si sa se è gente che si asterrà o che semplicemente sta pensando ancora a come schierarsi. Insomma ce n’è abbastanza perché alcuni osservatori parlino di possibili sorprese che usciranno dalle urne.
Abbiamo pochi dati sulle molte elezioni comunali (una regionale: il Piemonte) che a modesto giudizio di chi scrive incideranno più degli esiti delle europee. Non sottovaluto che questi ultimi avranno un certo impatto sull’opinione pubblica, ma poi la politica si fa molto più con il presidio dei poteri locali. A proposito di eventi inattesi, c’è da valutare quale impatto avrà la recente dichiarazione di Paolo Gentiloni che ha smascherato la leggenda secondo cui Conte avrebbe fatto un capolavoro portando a casa circa 200 miliardi del Recovery Europeo. Ha spiegato che la cifra è derivata da un sistema di calcolo elaborato da funzionari (olandesi) prima di qualsiasi “negoziato” e che in termini percentuali calcolati rispetto al PIL l’Italia è solo al settimo posto dopo paesi che hanno avuto ben di più.
L’elettorato dei Cinque Stelle è assolutamente insensibile a qualsiasi critica anche molto motivata che si possa muovere a M5S e dunque dubitiamo che in termini di consenso elettorale la rivelazione della demagogia mediatica di Conte possa fargli perdere quello zoccolo duro di consensi che a stare ai sondaggi continua a mantenere. Piuttosto gli impedirà di allargarsi come aveva fatto con notevole successo in precedenti elezioni, ma questo è un trend che è abbastanza pacifico. Soprattutto ne diminuirà ulteriormente la credibilità presso una parte del ceto dirigente che aveva guardato a lui con qualche speranza.
Piuttosto sarà interessante vedere come funzionano le alleanze a livello di elezioni amministrative, sia perché lì si vota con un meccanismo maggioritario e dunque le coalizioni contano, sia perché sarebbe interessante capire da che genere di personale politico sono composte le varie liste.
Anche a prescindere dal fenomeno del proliferare delle liste della più varia natura, qualche volta realmente “civiche”, molto più spesso iniziative di personaggi che sgomitano nella speranza di un ruolo pubblico, la stessa composizione di quelle che fanno capo ai partiti diciamo così consolidati presentano caratteristiche che sarebbe interessante studiare. Più che rispondere a scelte sia pure vagamente ideologiche, molte volte sembra di intuire una corsa a piazzarsi in una “compagnia” che si reputa confacente ad un trend giudicato di successo presso una quota di opinione pubblica e in grado di dare spazio all’emergere delle proprie ambizioni inserendosi nelle lotte di fazione che ormai coinvolgono tutte le forze politiche.
Sono sensazioni da osservatore della vita politica, perché, almeno a conoscenza di chi scrive, non ci sono rilevazioni attendibili sul fenomeno, che, ce ne rendiamo conto, è così variegato e sottoposto a peculiarità locali da renderne quasi impossibile uno studio scientifico.
Per quel che si può percepire finora, a livello nazionale non c’è volontà di frenare la continua esasperazione degli scontri politici. Non lo si desume tanto dalle intemperanze verbali di cui sono ricche le cronache (fanno parte del folklore politico-elettorale e ci sono sempre state), ma dalla caparbia con cui si rifiutano in parlamento i confronti costruttivi. È del tutto evidente sul terreno delle riforme istituzionali, premierato e autonomia regionale differenziata (la riforma della giustizia ancora non è affrontata), dove si predilige il muro contro muro, nell’autentico terrore dei leader di partito che un atteggiamento che ricercasse un incontro e un compromesso comporti la perdita del sostegno dei rispettivi pasdaran, che continuano ad essere, purtroppo per noi, un fattore assolutamente condizionante della nostra vita pubblica.

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