19 maggio 2024 – Pentecoste B
At 2,1-11; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza». Gv 15,26.27.
La festa di Pentecoste risale alle istituzioni cultuali antiche del popolo d’Israele. Si era evoluta, già nell’Antico Testamento (analogamente alla Pasqua) da festa contadina a festa che commemora l’Alleanza tra Israele e il Signore suo Dio. Al tempo di Gesù diventa la festa nella quale si celebra il dono della Legge sul monte Sinai. Il brano degli “Atti degli Apostoli” si richiama proprio a questo contesto celebrativo per aiutarci a comprendere il significato della Pentecoste cristiana. I segni della Pentecoste (vento, tuono, fuoco) rimandano alla manifestazione di Dio sul monte Sinai, al momento del dono della Legge e della stipulazione dell’Alleanza. Vi è anche un segno nuovo, quello del dono delle lingue, che sta ad indicare l’apertura universale della Nuova Alleanza ed il capovolgimento di ciò che era successo a Babele, dalla dispersione delle lingue si passa alla reciproca comprensione. Con la Pentecoste viene inaugurato il tempo dello Spirito, che è anche il tempo della Chiesa, che si manifesta in questo caso come “il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1).
Una riflessione analoga viene pure dal vangelo di Giovanni, che non riflette direttamente sulla Pentecoste, ma anticipa il significato del dono dello Spirito Santo per la comunità dei discepoli. Durante l’ultima cena, nei discorsi di addio che rivolge ai suoi, Gesù preannunzia e promette il dono dello Spirito. Lo Spirito e i discepoli renderanno testimonianza a Gesù: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio» (Gv 15,26.27.). Sarà quindi proprio lo Spirito a introdurre nella pienezza della verità, a guidare cioè alla piena comprensione di Gesù Cristo: della sua figura, della sua opera e del significato che ha per noi. Pertanto, la testimonianza dello Spirito e quella dei discepoli (= della Chiesa) risultano strettamente congiunte. Anzi è proprio lo Spirito a rendere possibile la testimonianza della Chiesa nel corso della storia e a rendere questa testimonianza comprensibile, significativa e inculturata nelle varie epoche e nei vari ambienti.
Un’ultima annotazione la possiamo ricavare dal brano della lettera ai Galati: «Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Gal 5,24-25). Come discepoli abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, ma dobbiamo pure impegnarci ad assecondarne l’azione. San Cirillo vescovo di Gerusalemme nel IV secolo ci ricorda: “Battezzati in Cristo e rivestiti di Cristo, avete assunto una natura simile a quella del Figlio di Dio. Il Dio, che ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi, ci ha resi conformi al corpo glorioso di Cristo. Siete diventati «consacrati» quando avete ricevuto il segno dello Spirito Santo” (Catech. 21, Mistagogica 3).
Verifichiamo perciò se abbiamo maturato il frutto dello Spirito che è “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,18-22) oppure se siamo ancora prigionieri del nostro egoismo e delle sue manifestazioni (cfr. Gal 5,19-21).
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