Ha accompagnato “la Vita Trentina” (così la chiamava affettuosamente, con l’articolo davanti) per più di mezzo secolo, dai tempi di don Giulio Delugan, primo direttore del settimanale diocesano, fino alla direzione di don Ivan Maffeis, ora Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Gianni Franceschini, classe 1936, produttore pubblicitario di Vita Trentina dal 1957 fino al 2007, anno del pensionamento, ci ha lasciati domenica 5 maggio.
Aveva mosso i primi passi nella professione alla Spi (Società pubblicità italiana), facendo propria come regola di vita la frase sentita un giorno da un ispettore della Spi: “Il nostro ufficio è la piazza”, e poi come agente in proprio. Sempre curato, in giacca e cravatta, ha macinato migliaia di chilometri per raggiungere anche le valli più lontane, con la resistenza del mezzofondista (aveva vinto fior di medaglie fra i Master della Virtus Voltolini) .
“Il rapporto con i clienti è fondamentale. Spendo tanto tempo a spostarmi, ad incontrarli di persona. Voglio che possano toccare il giornale, sfogliarlo, guardarci dentro”, aveva confidato, rompendo il riserbo che lo contraddistingueva, in una breve intervista per gli ottant’anni di Vita Trentina. Aggiungendo anche che, per lui, il bravo pubblicitario è quello che non è mai troppo insistente e che non prova a “vendere quello che non ha”. Convinto che, come confidò a Diego Andreatta in occasione del pensionamento, nel luglio 2007, “la comunicazione può essere l’anima buona del commercio, che imprenditori grandi e piccoli ricavano un servizio prezioso da una pubblicità veritiera e corretta, che gli stessi utenti-consumatori apprezzano i consigli per gli acquisti”. Le sue doti, la costanza, che per lui voleva dire saper attendere di essere ricevuto dal cliente e rinnovare le telefonate, proponendosi sempre con la gentilezza e l’umana simpatia che l’hanno contraddistinto. Era un rapporto, quello col cliente, che non si esauriva con la firma del contratto. In redazione lo ricordiamo quando il giovedì mattina, all’uscita della nuova copia del settimanale, ne prendeva una mazzetta sotto braccio e inizia il giro dai clienti per portare la copia omaggio, con la loro inserzione pubblicitaria.
In più di cinquant’anni di attività, aveva vissuto le vorticose trasformazioni del mondo editoriale e l’avvento del digitale sapendo adattarsi ai tempi: dalla composizione delle pagine al piombo (“Niente foto”) fino alle prime illustrazioni “su cliché in ferro”, ricordava, e poi l’avvento del computer e del colore.
“Factotum umile e disponibile ad ogni ora per tutti i mesi dell’anno, Franceschini ha sempre creduto – da cristiano inviato sulla missione difficile della pubblicità – nel servizio all’uomo e alla Chiesa svolto da Vita Trentina”, lo salutava Diego Andreatta nel pezzo ricordato sopra. E così lo salutano oggi la redazione e l’amministrazione di Vita Trentina, stringendosi in un abbraccio affettuosa alla moglie Maria Grazia e ai figli Giuseppe e Gaia con le rispettive famiglie.
La cerimonia funebre ai terrà a Trento, nella sua Piedicastello, martedì 7 maggio alle 15 nella chiesa di Sant’Apollinare.
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