L’ondata di maltempo che da qualche giorno sta colpendo il Trentino ha prodotto nella mattinata di oggi, lunedì 1 aprile, i suoi principali effetti: a Verdesina, frazione del Comune di Porte di Rendena, uno smottamento di fango e detriti proveniente dal versante che sovrasta l’abitato ha coinvolto due case, che sono state evacuate.
Il fenomeno più rilevante in termini di volume – svariate migliaia di metri cubi di detriti – ha colpito la località Cà Rossa, in Comune di Storo, dove le abbondanti piogge hanno causato la piena del rio Bianco (dialettalmente conosciuto come rio Lebràc) e innescato una colata di detriti che ha inciso l’alveo del torrente poco a valle della località Faserno, a circa 1.400 metri di quota, trascinando con sé detriti di varie dimensioni, dalle argille ai massi di dimensione superiore al metro cubo. La lava torrentizia si è infranta contro la “briglia filtrante” realizzata nel 2017 dal Servizio Bacini Montani all’apice del cono di deiezione (quota 500 circa). La “piazza di deposito” situata a tergo della briglia ha trattenuto circa quattromila metri cubi di materiale (il corrispettivo del materiale che può essere trasportato da 400 camion) ed ha evitato che i detriti si riversassero interamente sul conoide.
Quest’ultimo è il risultato di altre colate storiche che nei secoli vi si sono riversate, tra cui quelle del secolo scorso (1906, 1960, 1966) e quella descritta dallo storico locale per eccellenza, il padre cappuccino Cipriano Gnesotti, che narra come il 17 marzo del 1795, verso le ore 22, “il Reblac o sia Rio bianco in Storro ha arrenate a centinaja, anzi a migliaja di pertiche, li prati, campi, ed Arbori ad esso Rio sottoposti”.
A quell’epoca il cono di deiezione del rio Bianco ospitava quasi esclusivamente coltivazioni agricole e castagneti, oggi invece include numerose abitazioni, che grazie alle opere di prevenzione realizzate a partire dalla fine dell’Ottocento, e in particolare a quelle ultimate nel 2017, non hanno subito danni.
La temporanea interruzione subita dalla strada statale 239 del Caffaro in località Sottovillo – invasa dal fango proveniente dal rio Bianco – rientra nel concetto di “rischio residuo”, poiché attraverso le opere di difesa non si può conseguire un utopico “rischio zero”. A fronte di eventi di tale dimensione, alle fasi di prevenzione (tramite le opere di difesa realizzate sul territorio, che anche in questa occasione hanno manifestato tutta la loro importanza) e di previsione (tradotta nei bollettini e nelle allerte meteo) devono seguire quelle di gestione e di superamento dell’emergenza, che vedono ora impegnata la Protezione civile trentina nelle sue componenti professionali e del volontariato, a partire dai Vigili del fuoco locali, che grazie alla loro presenza capillare sul territorio trentino sono i primi ad accorrere al manifestarsi delle emergenze.
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