Se è vero, parafrasando il poeta Giacomo Leopardi, che un buon libro è un compagno che ci fa passare dei momenti felici, “Come il basket può salvare il mondo” – il best seller internazionale presentato anche a Trento lo scorso 22 marzo – ha appagato il pubblico accorso numeroso all’ITAS Forum per ascoltare il suo ormai celebre autore David Hollander. Da un cui documento immaginario, inserito nel voluminoso saggio di oltre 300 pagine edito da Mondadori, è nata la bozza per il testo ufficiale della risoluzione con la quale, otto mesi fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito, per il 21 dicembre, il “World Basketball Day”.
GIORNATA MONDIALE ONU
“È un traguardo storico per la pallacanestro, che è diventato il primo sport di squadra ad avere una ‘Giornata Mondiale’ riconosciuta dall’ONU. Proprio nella stessa data in cui il padre di questa disciplina – l’insegnante di Educazione fisica canadese naturalizzato statunitense James Naismith – alzò, nell’inverno del 1891, la prima palla a due di sempre nella palestra dello ‘Springfield College’ in Massachusetts”, ha fatto presente il 58enne professore di Sports Management alla New York University. Il quale, inviando una lettera al Vaticano, era già riuscito nell’aprile del 2022 a far proclamare la Madonna del Ponte di Porretta Terme (dove, nel 1956, venne aperto il Centro Nazionale Cestistico Femminile) patrona del basket italiano, primo sport di squadra pure in questo caso ad avere la sua santa protettrice. Durante l’incontro organizzato dall’Aquila Basket del presidente Luigi Longhi (“Questo è il libro più politico che abbia mai letto, nel senso più alto e nobile del termine”, ha detto il massimo dirigente bianconero), in collaborazione con la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, Hollander ha dialogato con Matteo Zuretti, responsabile della National Basketball Players Association, ovvero del sindacato dei giocatori NBA, con Flavio Tranquillo, autorevole e inconfondibile voce di Sky, e sul finire anche con alcuni spettatori.
GIOCO PIÙ UMANO
“Il basket è molto diverso dagli altri sport. Il suo spazio di gioco, 28 metri per 15, è di gran lunga più piccolo di quello di un campo da calcio o da football. I giocatori, come in generale le persone nel mondo, devono muoversi in uno spazio condiviso, esposti l’uno all’altro senza filtri e da molto vicino”, ha spiegato il docente americano in una sorta di lectio magistralis. Volendolo utilizzare come visione del mondo, il basket è quindi un gioco – o meglio, il gioco, “The game”, mutuando il titolo dell’appassionante dibattito – più umano per dimensione, interazione, struttura ed esperienza partecipativa e molto più adeguato di altri sport a risolvere conflitti sociali, culturali e politici, nonché professionali. “Nell’estate del 2019 ho avuto finalmente l’opportunità di sperimentarne la valenza filosofica, tenendo un corso intitolato ‘Come il basket può salvare il mondo’ alla New York University. L’insegnamento ha preso avvio da una domanda: non è forse arrivato il momento di cercare nuovi sistemi di pensiero, di leadership, di problem solving, di efficienza, lealtà e uguaglianza?”, ha affermato Hollander, che per le sue doti eccelse di insegnante ha ricevuto il Distinguished Teaching Award, la più alta onorificenza possibile.
IL BASKET COME DISCIPLINA ACCADEMICA
“I tredici principi alla base di questo libro sono un omaggio alle tredici regole ideate da Naismith: Collaborazione (basti pensare al programma educativo ‘Hoops 4 Hope’ nato nello Zimbabwe e adottato dai leggendari Boston Celtics); Equilibrio di individuale e collettivo; Equilibrio di forza e tecnica; Non-posizionabilità (criterio seguito in particolare dagli imprenditori); Alchimia umana (più vasta della chimica); Che sia globale (al punto da suscitare l’interesse dei politici); Inclusività di genere (che rimanda, ad esempio, alla lotta della Nazionale femminile somala all’estremismo islamico); Nessuna barriera d’accesso; Per l’outsider, il diverso e le masse; Urbano e rurale; Antidoto all’isolamento e alla solitudine; Rifugio; Trascendenza. Il mio intento è quello di elevare lo studio del basket al livello delle scienze politiche, della storia, della musica o di qualsiasi altra disciplina accademica”, ha puntualizzato l’autore.
Da quando il corso è iniziato, passando da 28 studenti a 157 nel primo semestre del 2022, Hollander ha avuto l’onore di ospitare una moltitudine di personaggi: campioni della Naismith Hall of Fame, registi pluripremiati, giornalisti insigniti del Pulitzer, imprenditori, antropologi, fotografi, jazzisti, urbanisti, capi di popolazioni indigene, pacifisti, trend setter planetari e perfino un’ex giocatrice di basket diventata poi mezzosoprano di fama mondiale.
LA METAFORA DI PAPA FRANCESCO
“Forza globale sui generis, il basket ha trasmesso e continua a trasmettere un contributo efficace e influente nei più importanti dibattiti sociali sul razzismo, l’accessibilità, il genere, l’immigrazione, la cultura e il mercato. Nessun’altra attività ricreativa fa vendere più scarpe, stimola di più i social media e accende più interesse nei giovani”, ha rimarcato il professore. Al quale Tranquillo ha rammentato la metafora cestistica usata nel 2017 da papa Francesco: “C’è un momento in cui il giocatore di basket, in campo, inchioda un piede per terra, fa perno e poi pensa a come muoversi per proteggere la palla, trovare uno spazio per passarla o prendere la rincorsa e andare a canestro. Per noi, quel piede inchiodato al suolo, intorno al quale facciamo perno, è la croce di Cristo”.
Di Papa Bergoglio, Zuretti ha invece ricordato la frase pronunciata tre anni fa, ricevendo in udienza una delegazione della Federazione Italiana Pallacanestro: “Il vostro è uno sport che eleva al cielo perché, come disse un ex giocatore famoso, guarda in alto, verso il canestro. Perciò è una vera e propria sfida per tutti coloro che sono abituati a vivere con lo sguardo sempre rivolto a terra”. La migliore rappresentazione, in altre parole, della regola numero 13, sintetizzata dall’incontro (nel luglio del 2022) di Hollander con Marco Calamai, l’allenatore dell’SG Fortitudo Over Limits, una squadra bolognese composta principalmente da ragazzi autistici.
Lascia una recensione