17 marzo 2024 – Domenica V Quaresima B
Ger 31,31-34; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33
«Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato». Ger 31,34
La liturgia della Parola si apre con una promessa solenne e impegnativa che Dio fa per bocca di Geremia: «Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. […] Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo» (Ger 31,31.33.). Geremia parte dalla constatazione che, pur avendo ricevuto in dono la Legge (come abbiamo visto due domeniche fa) e pur avendo stabilito un’alleanza solenne con il Signore, il popolo d’Israele non è stato capace di mantenersi fedele, a causa della generale fragilità dei suoi membri. Ma con la Nuova Alleanza Dio stesso interverrà, trasformando il cuore degli uomini, per renderci capaci di vivere un rapporto di amore autentico e fedele: la legge non è più scritta su tavole di pietra che sono comunque “al di fuori” di noi, ma nel nostro cuore, cioè nell’intimo della nostra coscienza.
La lettera agli Ebrei riprende il vocabolario collegato al culto della Prima Alleanza per applicarlo a Gesù Cristo e indicare in lui il Sacerdote/Mediatore della Nuova Alleanza. È Gesù Cristo a realizzare la promessa proclamata sei secoli prima per bocca del profeta Geremia. È Gesù Cristo ad essere diventato «causa di salvezza eterna per coloro che gli obbediscono» (Eb 5,9). Gesù Cristo, infatti, nel suo essere contemporaneamente e pienamente “vero Dio e vero uomo”, ha vissuto in modo pieno, per primo e nella propria umanità, il mistero dell’obbedienza, che è mistero di ascolto fiducioso e fedele, di pieno abbandono alla volontà del Padre (cfr. la seconda lettura).
Anche il vangelo di Giovanni, pur non parlando di Alleanza Nuova, ci aiuta a comprendere che questo nuovo rapporto con Dio Padre è possibile solo per mezzo di Gesù Cristo. È infatti Lui a «gettare fuori il principe di questo mondo» (Gv 12,31), cioè a sconfiggere “Satana, origine e causa di ogni peccato” (come diciamo nel rinnovare le promesse battesimali la notte di Pasqua) e di conseguenza a liberarci da tutte quelle realtà che si frappongono fra noi e Dio, cioè da ogni male. Al tempo stesso è Gesù Cristo a diventare il polo di attrazione di una nuova umanità, che attirando tutti a sé dalla croce (cfr Gv 12,32) riunifica l’intera umanità nella Nuova Alleanza. L’evangelista Giovanni – in sintonia con la lettera agli Ebrei – ci ricorda che questo mistero di comunione si realizza nel mistero pasquale, nella passione, morte e risurrezione di Gesù di Nazareth: «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,24-25).
Facciamo nostra allora l’invocazione a Cristo del poeta Giuseppe Ungaretti: “Fratello che t’immoli / Perennemente per riedificare / Umanamente l’uomo, / Santo, Santo che soffri, / Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, / Santo, Santo che soffri / Per liberare dalla morte i morti / E sorreggere noi infelici vivi” (G. Ungaretti, Mio fiume anche tu).
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