Delle risorse investite in salute, il 95 per cento è destinato alla cura delle malattie, mentre solo il 5 per cento è riservato alla prevenzione. Parte da questo dato di fatto il documento elaborato da un gruppo di “addetti ai lavori”, espressione di competenze e saperi diversi, diffuso in questi giorni come contributo a un salutare dibattito, è davvero il caso di dire, circa lo stato della sanità, in Italia e in Trentino in particolare. Il testo dal titolo “Al centro la Salute o la Sanità” (SCARICALO DA QUI) porta la firma della dott. Silvia Podetti, psicologa e psicoterapeuta attiva in valle di Sole, del dott. Mario Caproni, assistente sociale in Vallagarina e del dott. Claudio Zorzi, medico in valle di Fiemme, ma, come scritto, dà voce a un più vasto e condiviso sentire per rilanciare il diritto alla salute per tutti e la centralità del Sistema Sanitario Nazionale: “certezze che si pensavano acquisite”, si osserva preliminarmente, ma che gli eventi degli ultimi anni “hanno messo in discussione”.
Il documento sottolinea “la necessità urgente di rilanciare gli obiettivi di salute pubblica per un Trentino in Salute”, rendendo corresponsabili istituzioni, associazioni, cittadini e comunità e chiede all’Azienda sanitaria per i servizi sanitari di riorganizzare l’esistente, vale a dire i Centri di Alcologia territoriali e la Direzione Prevenzione e Promozione della Salute, garantendo “risorse umane formate all’Approccio di Popolazione ed all’Approccio Ecologico Sociale” in modo da migliorare la capacità della comunità di prendersi cura di sé e del pianeta.
Oggi, quando si parla di sanità, lo si fa lamentando la lunghezza delle liste d’attesa, la mancanza e la fuga del personale sanitario, le diseguaglianze nell’offerta dei servizi, l’abbandono delle periferie. Tutto giusto, tutto vero. Ma occorre ricordare, sottolinea il documento, “che stiamo parlando del 15% dei fattori che condizionano la salute di una popolazione”, mentre “l’85% della salute e del benessere di una popolazione hanno a che vedere con aspetti politici, economici, sociali, ambientali e con stili di vita personali, familiari e comunitari”. Se invece al centro si mette la salute, cambia il paradigma: centrale diventa il cittadino quale “portatore di diritti e al contempo di doveri a tutela della Salute integrale delle persone, delle comunità, delle altre forme di vita sul pianeta”. Ciò comporta un “cambiamento radicale” del modo di porsi delle organizzazioni sanitarie e degli operatori sanitari “simbolicamente ma anche concretamente in uscita da ambulatori e ospedali a fianco di cittadini e utenti nel promuovere salute nelle comunità”.
Attenzione alla salute vuol dire “impegno a migliorare i determinanti sociali della salute”, che sono l’istruzione, il reddito, il lavoro, gli ambienti di vita, di studio e di lavoro, i servizi adeguati, ma soprattutto, si ribadisce, impegno a ridurre le diseguaglianze. Attenzione alla salute significa anche tutela del cittadino consumatore dalle sirene del mercato che propone prodotti e scelte che invece la salute la compromettono (fumo, alcol, gioco d’azzardo, ecc.): “Solo il 12% della popolazione mondiale è protetta dalla pubblicità a favore del tabacco. L’industria delle bevande alcoliche (birra, vino e superalcolici), con qualche eccezione nel Nord Europa, ha campo libero a livello mondiale nel promuovere il consumo in assenza di politiche serie di regolamentazione”.
Altro tema che il documento pone con forza è quello dell’informazione sugli alimenti, “che a livello europeo registra una guerra commerciale vera e propria”. Cattiva alimentazione sia per qualità sia per quantità e sedentarietà rappresentano stili di vita direttamente coinvolti. “L’epidemia di sovrappeso e obesità con ricaduta su ipercolesterolemia e diabete, tumori e malattie cardiovascolari nella popolazione, rappresentano situazioni preoccupanti per mortalità precoce e non autosufficienza”, tanto che negli ultimi mesi a livello di Commissione Europea sono state fatte proposte per rendere vincolante entro il 2024 “l’obbligo di aggiungere sulle confezioni di tutti gli alimenti l’etichetta che ne indichi il valore nutrizionale“ (da A verde per i cibi più sani a E rosso per quelli da consumare con moderazione). “Una misura a costo zero”, a tutela della salute del cittadino, che in Italia però vede schierate contro praticamente tutte le forze politiche “contro gli interessi di Salute Pubblica e a favore del mondo produttivo”, si lamenta nel documento, che bacchetta anche scienziati, dirigenti di aziende sanitarie e professionisti della salute “spesso assenti e lontani” perché “immersi nel paradigma della Sanità riparatoria e assistenziale del 15% e lontani dagli Obiettivi della Salute per tutti”. E ce n’è anche per le Organizzazioni Sanitarie pubbliche, che dovrebbero incoraggiare un’alleanza “tra operatori professionali della salute, servizi socio sanitari, istituzioni, comuni, associazioni e cittadini per promuovere l’85% delle condizioni che strutturalmente garantiscono la salute”. Perché, il documento lo ricorda con forza, i fattori di rischio che impattano in modo importante sulla salute della popolazione trentina e nazionale – e causa del 60% delle malattie croniche e di non autosufficienza – sono dovuti ad appena una decina di stili di vita: sedentarietà, cattiva alimentazione, sovrappeso, ipertensione, alcol, fumo, sostanze illegali, gioco d’azzardo, uso di psicofarmaci fuori dalla supervisione medica, violenza domestica e sociale, non accettazione delle proprie e altrui diversità di orientamento sessuale o di appartenenza etica.
Ecco perché, si insiste, vanno rilanciate “le attività di prevenzione e promozione della Salute in linea con la visione ecologico sociale ‘ONE Health’ (‘La salute è una’, ndr) emersa dopo la pandemia”, implementando “Programmi di Ecologia della Salute in tutto il territorio provinciale” con il coinvolgimento di operatori socio sanitari, amministrazioni comunali, mondo associativo, comunità e singoli cittadini e attraverso la cultura del FareAssieme, valorizzando le risorse del Pubblico e del Privato.
In appendice al documento, vi sono indicazioni concrete di obiettivi di salute pubblica da raggiungere attraverso percorsi di “educazione ecologica integrale continua” che potrebbero avere “adeguati punti di coordinamento territoriali” dell’Azienda sanitaria provinciale nelle Case della Salute.
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