Sono i migranti che si aiutano a casa loro

Illustrazione per gentile concessione di Tori Buratti (Studio d’arte Andromeda – Trento)

Una delle verità fondamentali sulle migrazioni, e di cui poco si parla, è che il principale aiuto ai Paesi poveri viene dai soldi che gli emigranti risparmiano e che inviano alle loro famiglie che vivono in questi Paesi. I migranti inviano nei Paesi poveri, secondo l’Onu, il triplo degli aiuti internazionali che questi Paesi ricevono.

Sono i migranti che si aiutano a casa loro. Con il loro lavoro all’estero. L’enorme importanza dei risparmi inviati ai Paesi di origine dai migranti, e che tecnicamente si chiamano “rimesse”, è tale che le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata internazionale delle rimesse familiari che si celebra ogni anno il 16 giugno. In occasione di questa ricorrenza (che meriterebbe più attenzione da parte di tutti), l’Onu, la Banca mondiale, la Banca d’Italia pubblicano i dati aggiornati del fenomeno e fanno il punto della situazione.

Secondo l’Onu, nel 2022 i migranti nel mondo hanno inviato alle loro famiglie che vivono nei Paesi d’origine, per lo più a basso sviluppo, ben 647 miliardi di dollari, l’8% in più rispetto all’anno precedente. Si tratta del triplo degli aiuti internazionali a questi Paesi.

Il dato è quello che risulta dalle registrazioni degli intermediari ufficiali, come banche, poste, money transfer. Ma una parte non trascurabile delle rimesse (stimata dalla Banca d’Italia tra il 10 e il 30%) sfugge a questa registrazione perché arriva a destinazione in forma di contante al seguito del viaggiatore, migrante o persona di fiducia. Quindi, in realtà, l’ammontare complessivo delle rimesse è ben superiore ai 647 miliardi di dollari ufficialmente registrati. Una massa enorme di denaro, ha ricordato Pedro de Vasconcelos, responsabile dell’Agenzia dell’Onu che si occupa di sviluppo delle aree rurali, che per la metà va nelle aree rurali più povere e che costituisce per le famiglie un aiuto decisivo perché è usato per i bisogni di base: cibo, casa, medicine, scuola. Si stima che siano 200 milioni i migranti nel mondo che inviano soldi a casa e che siano 800 milioni le persone che li ricevono e li utilizzano. Un miliardo di persone, quindi, positivamente coinvolte. Un fenomeno gigantesco, di cui, come si è detto, poco si parla.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo la Banca d’Italia le rimesse inviate a casa dagli immigrati che lavorano nel nostro Paese sono ammontate nel 2022 a ben 8 miliardi e 220 milioni di dollari (+6,1% rispetto al 2021). Tra i principali Paesi destinatari ci sono Senegal, Nigeria, Marocco, Bangladesh, Pakistan, Filippine, India. Ma anche Romania, Georgia, Ucraina.

Sono i migranti, per lo più, che si aiutano a casa loro. Ecco uno dei volti più belli, positivi ma anche meno noti della migrazione. Che non è fatta solo di tragedie, disperazione, fuga, domanda di aiuto. C’è anche tutto questo, c’è il volto drammatico della migrazione. Talvolta terribile, angosciante. Come quello della fuga dalle guerre e dai disastri ambientali, dei naufragi, delle rotte insanguinate, dei lager libici, delle deportazioni. Che mette sotto accusa le nostre società quando voltano le spalle, fanno finta di non vedere. Quando respingono, criminalizzano, si chiudono nell’egoismo e nel razzismo. Ma c’è poi il volto positivo della migrazione. Che ci fa capire come il migrante, nella grande maggioranza dei casi (capitava così anche agli emigranti italiani, trentini compresi, che emigravano) aiuta se stesso, il Paese che lo accoglie e il Paese di origine.

Più di 2 milioni di immigrati lavorano nel nostro Paese. Tengono in piedi interi settori dell’economia e dei servizi sociali. Come l’assistenza agli anziani, l’edilizia, l’agricoltura, la logistica, la ristorazione e il turismo. Fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare. Aiutano lo sviluppo del nostro Paese, aiutano se stessi, aiutano le loro famiglie lontane.

Nei giorni scorsi si è molto parlato del cosiddetto “Piano Mattei” di aiuti per l’Africa annunciato dalla presidente del Consiglio Meloni il 28 e 29 gennaio scorsi a 25 capi di Stato e di governo africani convocati a Roma. Avremo modo di valutare questo Piano quando saranno noti i dati precisi dell’operazione, finora piuttosto nebulosa e fatta più di annunci. “Avremmo voluto essere consultati prima”, ha comunque dichiarato Moussa Faki, già Primo ministro del Ciad e ora presidente della Commissione dell’Unione africana, che ha aggiunto: “Devo sottolineare qui la necessità di far corrispondere le azioni alle parole. Capirete che non possiamo accontentarci di promesse che spesso non vengono mantenute”. In attesa che l’Africa venga presa sul serio e che l’“aiutiamoli a casa loro” cessi di essere uno slogan propagandistico, i migranti continuano, con i loro risparmi, ad aiutarsi davvero “a casa loro”.

(Vincenzo Passerini cura il blog www.itlodeo.info)

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