Lo scalpello accarezza delicato il disco di cirmolo e un profumato ricciolo di legno si stacca e cade a terra. La Madonna e San Giuseppe si possono già apprezzare, il Bambinello -per ora – è solo un tratto abbozzato di grafite che attende di prendere forma dalle mani di Alberto Boschetti, giovane scultore del legno che vive e lavora a Pieve Tesino, nella sua valle di origine.
Dal suo laboratorio, qualche settimana fa, sono partite le nuove statue che sono andate ad arricchire il Presepio di Piazza Grande a Perugia, giunto dal Trentino come omaggio all’arcivescovo Ivan Maffeis. “Lo scorso anno avevo realizzato le statue di Gesù, Maria e Giuseppe, assieme al bue e all’asino ma il presepe era stato esposto a Trento”, ricorda il giovane scultore.
Quest’anno i pezzi sono diventati dieci con l’aggiunta di due pastori e tre pecore, mancano solo i Magi. “Ma ho già in mente di farli il prossimo anno. Intanto è stato bello vedere le statue installate, anche se solo in fotografia, dato che in questo periodo il lavoro è tanto e non posso muovermi da qua. Fanno tutto un altro effetto rispetto a quando erano qui sul bancone da lavoro”.
In quelle stesse terre, San Francesco diede vita al primo presepe, e anche dopo otto secoli il suo significato resta lo stesso: Betlemme può essere dappertutto. “Il presepe, a Natale, in casa, lo si fa sempre: non è solo un simbolo della tradizione religiosa, è famiglia, e tutti lo apprezzano, anche in maniera trasversale”, riprende mentre ci mostra l’imponente sega a nastro in ghisa, che domina il laboratorio, appartenuta al bisnonno. Anche la scultura d’altra parte è un’arte che affonda le proprie radici nella notte dei tempi, e non è scontato che un giovane la scelga oggi come lavoro. Una scelta coraggiosa della quale però Boschetti è sempre più convinto. “I tesini sono storicamente venditori ambulanti e non artigiani a differenza delle valli di Fiemme e Fassa o del Primiero.
Anche per questo, qui, sono l’unico scultore del legno, come anche in alta e bassa Valsugana. In Trentino ci contiamo comunque sulle dita delle mani”, sottolinea.
“Ma lavorare il legno è qualcosa che ho avuto sempre dentro, fin dalle Medie”. Una passione che è cresciuta frequentando il liceo artistico a Trento, è proseguita nel laboratorio di Loris Paluselli, artista e artigiano del legno di Ziano di Fiemme ed è definitivamente esplosa al termine del corso per scultori di Ortisei in val Gardena, acquisendo il diploma di lavorante artigiano scultore. E dal settembre 2020 Andrea si è messo in proprio.
“Il legno come materiale da scolpire è quello che mi ha sempre dato più soddisfazione: una vena più sottile ti permette di lavorare sul particolare, una vena più nervosa invece richiede un taglio più sintetico, più vivo: è questa l’unicità di questo materiale”. Il cirmolo è il legno che più spesso viene “assaggiato” dai suoi strumenti, un tipo di legno che sa ricreare in ogni ambiente suggestioni montanare, della nostra terra; sul bancone, gli scalpelli che un tempo erano una decina, oggi non si contano più. Se ne stanno là in attesa che le giovani ma già esperte mani di Alberto li scelgano, e poi iniziano a danzare, trasformando il legno in figura, in racconto, in emozione.
Non senza qualche “inciampo”.
“Una scultura ha dentro tantissimi sbagli, sta tutto nell’imparare ad aggiustarli perché il legno una volta che è scolpito è scolpito. Credo che la bravura dell’artista stia nel capire dove si è sbagliato e come rimediare: sapendo che si può continuare a migliorarsi”, precisa Boschetti che racconta come un’opera possa tranquillamente “cambiare” in corso d’opera. “A volte ci si attiene al cento per cento al modello stabilito, ma non per forza si deve seguire sempre la traccia. Un’opera mentre la fai può cambiare, si trasforma in base all’estro di chi la sta realizzando: il drappeggio del vestito di quella Santa Barbara – ci dice accarezzando la statua che presto andrà ad ornare un capitello a Spera – l’ho cambiato diverse volte, prima di arrivare a questa che è l’ultima versione”. Il legno, verrebbe allora da dire, lascia qualche margine d’errore.
“Sì, ma molto piccolo. Un taglio di due centimetri su una spalla con la motosega può voler dire buttare via tutto”.
Nelle sue sculture emerge lo stile gotico, la piega geometrica, mentre per i visi l’ispirazione viene dalla gente del luogo. “Un errore che spesso si fa è quello di replicare i volti, cosa che può andare bene per le opere singole, mentre per un presepe come quello esposto a Perugia, dove le opere sono tante e tutte assieme, è necessario variare. Stando naturalmente attenti che gli altri personaggi non ‘rubino’ la scena alla Sacra famiglia, che deve restare il focus dell’intera opera, la cosa che per prima colpisce l’occhio di chi osserva. Per questo prima di iniziare a scolpire, ci deve essere uno studio della postura e delle espressioni”.
Uno degli aspetti più belli di questo mestiere è che non esiste soltanto il laboratorio. “Abito qui sopra, se sono ispirato posso scendere anche a mezzanotte a lavorare ma è bello anche lavorare all’aperto, in piazza come ad esempio nel corso del simposio che il Comune di Pieve organizza ogni estate”. O ancora in natura, come accaduto spesso nei mesi successivi a Vaia, quando in tanti hanno domandato a Boschetti di realizzare figure direttamente sui tronchi spezzati dalla tempesta, anche all’Oasi WWF in val Calamento, duramente colpita a fine ottobre 2018. Senza dimenticare il San Sebastiano a dimensione naturale commissionato dal Comune e ricavato da un tronco di cedro di un metro e 20 di diametro, che ora si trova nella chiesetta sull’omonimo colle. Opere diverse per materiali e dimensioni, ma unite dallo stesso filo conduttore, la mano dell’artista che sapientemente dà nuova forma al legno. E, con pazienza, le rende uniche.
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