“Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni crematori, non veda il dominio della morte? Sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza”. Monsignor Lauro Tisi, arcivescovo di Trento, ha iniziato l’omelia natalizia nel Duomo di Trento con le parole di Etty Hillesum, ebrea olandese morta ad Auschwitz.
“Questa è la speranza. La capacità, anche in un posto come il campo di concentramento, di riuscire a vedere uno spiraglio di luce“, ha affermato monsignor Tisi. “La capacità, anche nella desolazione, di percepire la vita come promessa”.
“Il volto di Dio – ha aggiunto l’arcivescovo – che si fa bambino, piccolo, fragile, vulnerabile è lo spicchio di cielo che può aiutarci a squarciare le tenebre di quest’ora. La sua vulnerabilità, la sua fragilità, dice forza, dice vita, perché racconta non solo un Dio che ama. Dice che Dio si lascia amare: questa è la novità. Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Il “dato di verità”, secondo monsignor Tisi, è che “chi non si lascia amare non è nemmeno in grado di amare”. “Se tu non riesci ad accogliere, se tu non riesci a ricevere, non sei nemmeno in grado di dare”, ha detto.
“L’altro è la mia opportunità, l’altro è la mia vita. Io ne ho un bisogno irrefrenabile, guai se non c’è. Questo è rivoluzionario”: lo ha detto l’arcivescovo di Trento parlando del messaggio portato dalla nascita di Gesù. Non è possibile, ha detto monsignor Tisi, “una politica attraversata dal confronto e dal dialogo” se ci si concentra solamente sulla propria performance, senza guardare chi abbiamo di fronte, e se si pensa al mito dell’uomo (o della donna) “che si è fatto da sé”. “Non è possibile – ha detto – una vita credente abitata dalla comunione, o una vita economica che miri al bene dell’altro e che immagini che la risorsa economica migliore è mettere insieme i volti”.
La guerra in cui siamo immersi “è figlio del bisogno della performance”. “Le guerre non hanno portato un minimo di soluzione ai problemi, è la sequenza di sconfitte continue con l’aggravarsi della situazione mondiale. Abbiamo perso il sogno di globalizzare la fraternità, siamo diventati un villaggio di satelliti e di atomi che si fanno la guerra l’uno all’altro: dal Golfo in poi, un disastro vivente“. “L’illusionista è chi è convinto che con la guerra si risolve la questione. Quello che mi fa paura – ha aggiunto l’arcivescovo – soprattutto per il Medio Oriente è che non c’è una soluzione che non sia bombardare e mandare bombe sopra la gente”.
Natale è invece “la festa di un’umanità in cui nessuno è leader, ma leader è la fraternità. Signore, aprici gli occhi e facci capire che come te verremo fuori dai problemi se non avremo l’imbarazzo di lasciarci avvolgere dall’amore dei fratelli. Buon Natale”.
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