lo spunto
“Lo stile cooperativo per lo sviluppo agricolo”. Non possiamo non condividere il messaggio CEI della Giornata del Ringraziamento che evidenzia il principio della fraternità in agricoltura, ancora più necessario nel contesto storico attuale, nel quale la cura condivisa del territorio può prevenire disastri idrogeologici e può facilitare un uso condiviso di beni come le risorse idriche, soprattutto nella siccità. Di fronte ai cambiamenti climatici, azioni condivise, sostenute anche dallo stile cooperativo, permettono di mettere in atto un’opera formativa che affronti insieme, superando ogni tentazione egoistica, le calamità naturali”.
Coldiretti Trento
Esiste un filo rosso di continuità, di ispirazione e di propositi, fra la tradizionale festa cristiana del Ringraziamento attorno a San Martino, l’appuntamento angloamericano di Thanksgiving risalente ai Padri Pellegrini (novembre 1620) e il discorso di papa Francesco per la Cop 28 di Dubai. Il filo che li unisce è la consapevolezza di dover restituire sacralità al mondo creato, ai doni del suo creatore che consentono la vita e al lavoro dell’uomo, non saccheggiatore di risorse ma collaboratore di un disegno che lo comprende, ma che è più grande di lui. In questo senso è molto bello che il segno comune a questi tre momenti di devozione che da privata si traducono in festa pubblica e istituzionale, sia la “condivisione” così che il ringraziamento per le risorse ricevute diventi cooperazione di lavoro, non competizione di rivalità o conflittualità. è questo, infatti il senso del Ringraziamento e della lode che l’accompagna.
Il primo esempio viene da San Martino, che ha condiviso il suo mantello di legionario romano con il povero per ripararlo dal gelo. Ha usato la spada non per ferire, ma per tagliare a metà il mantello, per condividerlo, non per cederlo sia pur beneficamente perché gli risultava superfluo. È anche l’intenzione di papa Francesco nel motivare il suo messaggio a Dubai (poi non pronunciato per motivi di salute, ma letto dal card. Parolin) con il proposito di far sentire una voce che favorisca la transizione energetica perché questa vada a beneficio di tutte le genti e i Paesi del pianeta, non solo dei più ricchi. Occorre, infatti, costruire una risposta alla crisi climatica “che non lasci indietro nessuno”; questo è possibile solo cooperando sulle risorse, perché non accada che nella fase di passaggio alle energie rinnovabili, che dovrà essere necessariamente graduale (non si può spegnere di colpo il sistema energetico attuale, come ha osservato il presidente di Cop 28 Sultan Al Jaber, anche perché ciò favorirebbe i Paesi già ricchi, quelli che possono contare oggi proprio sulle rendite da petrolio) si creino disparità inaccettabili e socialmente distruttive.
In questo contesto era importante che il Papa facesse sentire la sua voce di cooperazione e condivisione. L’obiettivo non è quello di rivendicare un ruolo diplomatico e internazionale per il Vaticano, ma di convincere la gente a cambiare atteggiamento nei confronti dei consumi e dell’”uso” delle cose necessarie al vivere. E questa necessità non occorre venga pronunciata a un tavolo internazionale, che è solo la cornice del nuovo disegno di vita che va tracciato, può forse meglio essere proclamata da una finestra di piazza San Pietro, negli intensi “Angelus” domenicali del Papa, con le sue parole che scendono a illuminare la quotidianità di chi ascolta.
Il Papa, dopo tutto, è “anche” un capo di stato, perché la politica rispetti i cittadini cristiani e ne riconosca i valori, ma è innanzitutto un “pontefice”, un costruttore di ponti fra cielo e terra. Condivisione e cooperazione sono così le parole chiave degli appuntamenti di queste giornate novembrine nell’auspicio di un mutato atteggiamento verso la vita e la sacralità del suoi doni.
Sono parole che interpellano ciascuno di noi, non solo le folle di San Pietro, o le conferenze internazionali. Non a caso costituiscono un invito anche alle piccole comunità e ai gruppi di lavoro locali e decentrati, perché riscoprano una coerenza di propositi e di metodo. Perché ritornino alle origini della cultura cristiana (da San Martino, fondatore poi dei primi conventi cattolici, al Mayflower dei pellegrini protestanti) da cui sono nate. Non a caso nel giorno del Ringraziamento si è sentito venire dalle piccole parrocchie alle grandi cattedrali, l’invito a riscoprire l’importanza della cooperazione, che non è solo un sistema economico capace di garantire sostegno e aiuto nei momenti di crisi, ma è un sistema di relazioni, una sobrietà di atteggiamenti nei consumi e nello sviluppo, un partecipare a un disegno comune di crescita e costruzione del bene comune. Occorre che la Cooperazione, anche istituzionale, rifletta e accolga questo appello che da più parti le viene rivolto e che in modo così esplicito il giorno di San Martino è stato richiamato nel messaggio di Coldiretti. È stato sicuramente l’atto più difficile e coraggioso che don Lorenzo Guetti, il fondatore, abbia compiuto, ai suoi tempi, aver promosso una cooperazione aconfessionale, aperta a tutti i galantuomini e non solo ai fedeli e però oggi, le “radici cristiane” che sorreggono il lavoro cooperativo (e il riposo domenicale che gli fa da bilanciamento) non vanno dimenticate.
La cooperazione è innanzitutto promozione dell’uomo e della donna, crescita dei giovani, tutela delle famiglie come nucleo centrale di ogni comunità di convivenza civile: la Famiglia Cooperativa è qualcosa di più di una bottega…
Sono valori di riscatto che il lavoro promuove e ai quali il lavoro dà dignità. Valori che impongono anche qualche pedaggio, perché la cooperazione supera l’economia di mercato, ma deve operare nel mercato. È un’attività economica, non una beneficenza. E però non può prescindere dall’operare in un contesto di relazioni e di presenze umane da rendere più salde e significative,
A ciò mirano anche i profitti che poi vengono elargiti a sostegno di attività culturali, scolastiche, sportive. Non solo per servire meglio le piccole realtà, ma proprio per “fare comunità“.
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