Donne ed educazione finanziaria, ecco perché è fondamentale

Martinelli (a sinistra) e Rinaldi (a destra)

In Italia 7 milioni e mezzo di donne non lavorano e non hanno un conto corrente o un bancomat. Una donna su cinque lascia il lavoro quando nasce il primo figlio. E le donne che hanno soldi o potere vengono apostrofate con ironia o sminuite anche nei titoli di giornali. “Serve partire dall’educazione – ha detto l’attrice e drammaturga Manuela Fischietti in occasione del convegno dell’associazione Donne in cooperazione D di Donne D di denaro –. Non regalare bambole alle bambine e telescopi ai maschi, rispettivamente per abituarsi alla cura e per vedere l’universo. Insegniamo alle bambine a scegliere di lavorare per essere indipendenti culturalmente ma anche sotto il profilo pratico ed economico”.

Nadia Martinelli, presidente dell’associazione Donne in cooperazione, ha messo in luce come l’educazione finanziaria sia una premessa di libertà ed insieme un antidoto alla violenza domestica. In quest’ambito la situazione italiana non è edificante: meno di una donna su dieci è responsabile delle decisioni finanziarie della sua famiglia. Solo il 54% delle donne lavora, una percentuale bassissima, se confrontata con il 73% della Germania. “Riconoscere la violenza economica non è facile – ha detto Martinelli – bisogna parlarne, prenderne coscienza, avere consapevolezza. Il nostro contributo è quello formativo e della creazione di rete, aspetti che ritengo fondamentali”.

Emanuela Rinaldi, professoressa di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Milano Bicocca ha spiegato come molte ricerche rivelino che le competenze finanziarie delle ragazze in Italia sono più basse rispetto a quelle dei maschi giàa 15 anni. E a 10 anni le bambine pensano che il denaro sia meno importante anche se hanno nozioni e livello culturale simile ai maschi. “Essere materialisti, cioè pensare che il denaro conti molto, non è necessariamente un bene – ha detto la docente –. Però il problema è che se le donne non cercano il potere di gestire i soldi o lo delegano al compagno, marito, padre, può nascere una situazione di violenza economica. Quindi il mio consiglio è di cercare di agire sulle nuove generazioni, attraverso tre leve: strumenti di educazione finanziaria con fonti serie, sfruttare il valore delle reti, ed infine studiare misure di welfare per andare incontro alle donne che non riescono ad essere indipendenti non perché sono pigre, ma perché si trovano momentaneamente in una situazione difficile”.

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