Sdoganata la guerra, violenza chiama violenza

All’attacco a sorpresa di Hamas in territorio israeliano, scattato il 7 ottobre, Israele ha reagito con la forza Foto © Ansa-Sir

La guerra che Hamas ha aperto contro Israele è uno di quegli eventi che sono in grado di determinare svolte storiche. La condanna verso un’azione di puro terrorismo non può che essere netta, ma purtroppo si iscrive in un contesto di bestializzazione della guerra (se ci concedete il neologismo) che vediamo crescere. Lo storico deve riflettere sulla svolta che si è determinata: dopo gli sforzi fatti dal XVII secolo in avanti di regolamentare i conflitti bellici, dopo trattati e convenzioni per escludere il loro lato beluino, assistiamo alla negazione di qualsiasi regola. E diciamolo chiaramente: non solo da una organizzazione terroristica come è Hamas, ma da una grande potenza come dovrebbe essere la Russia che usa spudoratamente la guerra di distruzione di massa in Ucraina.

Quanto sta accadendo in Israele è potenzialmente un tentativo di spingere ad una spirale di violenza e contro violenza che attiri nel suo gorgo il maggior numero di attori possibili: perché non è pensabile che gli USA e l’Europa consentano la distruzione dello stato ebraico, perché il governo di quello stato, in difficoltà non dimentichiamolo, punterà a stroncare senza remore chi lo ha sfidato, perché a questo punto il rischio che una pluralità di attori si buttino nella mischia diventa molto concreto con la conseguenza di una espansione del conflitto. Che farà l’Italia in un contesto del genere? È probabile che al di là della solidarietà più o meno convinta delle diverse forze politiche verso la comunità israeliana vittima di tanto cieco e brutale furore, al di là del nostro coinvolgimento in un sistema di alleanze “occidentali” mantenute dai governi di ogni colore, si avvii la spirale della resa dei conti interna.

Non si può ignorare che ci sono tradizioni di sostegno alla causa israeliana a prescindere dai problemi che ha messo in campo chi di volta in volta l’ha diretta, così come ce ne sono altrettante di sostegno alla causa palestinese che ignorano le sue storture e le sue ambiguità. In mezzo un universo di pacifismo acritico che in nome di un ideale nobilissimo (su cui dovrebbe esserci un largo consenso) predica utopie che non portano a soluzione nessun problema. I segnali di contrapposizioni intestine fra le diverse fazioni della politica italiana, ma anche all’interno di alcune di esse sono già presenti sulla stampa, nei talk show e in rete. Così ciascuno cerca di delegittimare gli avversari, mentre questi si difendono a loro volta ampliando le retoriche di parte. Naturalmente tutto potrebbe se non sgonfiarsi, almeno ridursi se il confronto bellico fra Israele e Hamas si circoscrivesse e rientrasse entro parametri minimamente accettabili, ma le speranze che ciò avvenga sono scarse.

Intanto per l’Italia ovviamente i problemi pregressi sono ancora sul tavolo a cominciare dalla situazione piuttosto preoccupante dei nostri conti pubblici con un rapporto deficit/PIL che è giudicato negativamente dagli osservatori internazionali, i quali da un lato apprezzano le cautele nella sua gestione da parte del governo attuale, ma dall’altro registrano che poi questo governo ha componenti più che demagogiche disposte a mandare tutto al diavolo pur di accontentare lobby varie (tassisti, balneari, elusori fiscali, ecc. ecc.). Interventi decisi per mettere mano ai molti ritardi in settori chiave se ne vedono pochissimi (e lo diciamo per essere un minimo ottimisti), mentre al contrario si accentuano le lotte di retroguardia sia per l’occupazione di posizioni di sottopotere, sia per mantenere in piedi vecchi slogan che ormai si sono rinsecchiti (non conta che poi muovano ancora un certo consenso in determinati settori della popolazione: tali rimangono).

L’Europa continua ad essere impantanata in una crisi di consenso fra i partner, sicché tutti i paesi spingono per riaffermare le loro idiosincrasie verso ricette che richiederebbero sacrifici da parte di tutto l’ambito comunitario. Il tradizionale motore franco-tedesco ansima, ormai non ha più forza e non se ne vede uno nuovo con cui sostituirlo. Certo giocano le incertezze sull’esito della prossima partita elettorale, ma come mostrano gli eventi in Medio Oriente il mondo non si ferma aspettando che la UE risolva le sue contraddizioni interne.

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