Accogliere o respingere l’invito alla festa

15 ottobre 2023 – XXVIII Domenica TO A

Is 25,6-10; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14

«Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!». Mt 22,4

Le parabole che ci vengono presentate nelle ultime domeniche sono state definite da qualche studioso «parabole di rottura» (A. Poppi, I quattro Vangeli: commento sinottico, EMP). Lo sfondo storico, al quale abbiamo accennato la scorsa settimana, è quello della polemica tra Gesù e le autorità giudaiche con le quali si confronta, è una polemica che proseguirà nella Chiesa delle origini, come testimoniano la vicenda esistenziale e le lettere di Saulo/Paolo di Tarso. Anche nel passo evangelico di questa domenica Gesù utilizza un simbolo messianico dell’Antico Testamento (il banchetto, cfr. la prima lettura) e lo inserisce in un racconto originale, la celebre parabola degli invitati alle nozze: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio» (cfr Mt 22,2).

All’organizzazione del banchetto segue l’invito ufficiale nei confronti di un gruppo di persone che però rifiutano. Il rifiuto degli invitati «ufficiali» provoca l’apertura alle categorie di persone più svariate e marginali «buoni e cattivi», sottolinea il Vangelo. Si scorgono in controluce i volti degli invitati ufficiali (il popolo eletto) e dei «buoni e cattivi» radunati dalle strade (i popoli pagani). Come già nell’interpretazione della parabola di domenica scorsa, anche nel fornire questa interpretazione storica della parabola di questa domenica occorre fare bene attenzione a non fomentare atteggiamenti antisemiti: “La Chiesa, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque” (Vat II, Nostra Aetate, 4).

Allo scopo di evitare una certa presunzione cristiana nei confronti del popolo d’Israele ritorna utile sottolineare la figura dell’invitato privo della veste nuziale, che porta la nostra riflessione su un piano più personale. L’evangelista Matteo incastona l’episodio sotto forma di parabola nella parabola. È un ammonimento nei confronti del cristiano che può essere escluso dal banchetto messianico per il proprio indegno comportamento: «il vestito è il simbolo della fede perseverante e attiva che si concretizza in una prassi di amore» (S. Grasso, Il Vangelo di Matteo, commento esegetico e teologico, Città Nuova).

In prospettiva positiva e costruttiva le letture di questa domenica sottolineano anzitutto l’apertura universale del Regno di Dio, un’apertura a tutti i popoli e ad ogni categoria di persone. Sottolineano in secondo luogo la portata esistenziale del Regno di Dio, è un banchetto nel quale Dio si prende personalmente cura di noi e ci nutre di vita eterna: «Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto» (Is 25,8). Sottolineano infine che rivestirsi della veste bianca altro non significa che rivestirsi di Cristo: «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13).

Oggi siamo noi ad essere invitati al banchetto di nozze del Figlio: accetteremo l’invito? Come ci presenteremo: rivestiti narcisisticamente di noi stessi o rivestiti battesimalmente di Cristo?

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