È abbastanza evidente un crescente nervosismo nella politica italiana. Colpa della campagna elettorale per le elezioni europee, si continua a ripetere, ma pensiamo che non sia solo questo. A noi sembra che l’instabilità della situazione generale che si somma con quella interna a quasi tutti i partiti sia la spiegazione di questo stato di cose.
Dal punto di vista della situazione i problemi sono sotto gli occhi di tutti e si tratta di questioni che non contemplano soluzioni né semplici, né a breve termine. Non solo la difficile governabilità del fenomeno migratorio e la situazione dei conti pubblici che costringe a rimangiarsi promesse anche allettanti (tipo la detassazione delle tredicesime), ma anche la percezione di un contesto sociale che in parte si degrada (aumento della piccola criminalità, peso dell’inflazione) non consentono al governo di trarre profitto da qualche buona notizia (aumento del tasso di occupazione) e spingono le opposizioni sulla china della propaganda semi-catastrofistica.
Ma è soprattutto nella geografia dei partiti che si colgono i segnali di una situazione traballante. Forza Italia non riesce a ritrovare un ruolo di qualche peso nonostante la buona posizione di Tajani al governo. Il centro del duo Renzi-Calenda si è disfatto, ma nessuno di essi riesce a superare il livello di personaggio da talk show sicché in quel campo si resta chiusi in un magro personalismo che attira le migrazioni di politici marginali senza riuscire a parlare al pubblico più generale.
Nel PD c’è una crisi della soluzione Schlein. Crescono i malumori verso una segretaria che al più attira qualche falena del mondo del dibattito mediatico, senza essere in grado di ridare spessore alla politica del partito. Vale per la segretaria, ma ancor di più per la sua cerchia. Più o meno tutti attendono come un oracolo il responso delle urne di giugno, poi si vedrà se chiudere in qualche modo la fase Schlein come una parentesi o andare avanti. Come è ovvio questo comporterà guerre di fazione comunque vada.
Conte rimane un’incognita. Al momento sembra tenere saldamente le redini del suo partito, ormai divenuto l’ennesimo partito personale, ma la sua presa sul pubblico non è garantita. Da questo punto di vista le elezioni europee possono essere tanto un’occasione per lui propizia (la gente vota per posizioni astratte), quanto una pericolosa (se si disinnamora, la gente non ha remore nell’abbandonarlo vista la scarsa incidenza di questo voto sulla realtà della vita).
Indubbiamente il lato più oscuro della vicenda sono Salvini e la Lega. L’ormai ex “Capitano” si dà molto da fare per ottenere un incremento di consensi elettorali (senza remore ad usare ampiamente la demagogia) nella speranza di ridurre lo spazio e lo standard della Meloni. Se con questo miri ad un rimpasto governativo a favore del suo partito o addirittura ad ottenere il varo di un esecutivo Meloni 2 è da vedere. Certamente ha grandi ambizioni, ma dentro il suo partito cresce in maniera strisciante la perplessità di quanti si interrogano se sia saggio rischiare una posizione ancora buona della Lega per assecondare il narcisismo del suo attuale leader.
Certamente Giorgia Meloni non ha intenzione di stare con le mani in mano in attesa di vedere come si uscirà dalle urne di giugno. Il controllo sul suo partito è forte, ma lo è ancor di più quello sul suo elettorato che è fatto per gran parte di “convertiti” alle sue virtù, prima piuttosto demagogiche, ma poi divenute supporto di un realismo politico almeno in alcuni settori chiave (permane peraltro l’ambiguità nel rapporto colla vecchia cultura da “underdog” per usare le sue stesse parole). Più che mai nei prossimi mesi deve spingere per connotare il suo governo come una compagine responsabile che si fa carico di una fase non facile sia sul piano economico che su quello sociale.
È quanto le serve se vorrà giocare un ruolo nel futuro equilibrio europeo che andrà ad insediarsi dopo la metà del 2024. Spendersi con alle spalle un quadro politico in eterna fibrillazione non la aiuterebbe di certo, ma deve manovrare per riportarlo in equilibrio: tanto smontando le velleità populiste a destra, quanto favorendo una stabilizzazione a sinistra che superi la ventata barricadiera che la affligge da troppo tempo.
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