Assegno unico universale, il Tribunale di Trento condanna l’Inps per “condotta discriminatoria”

L’assegno unico universale per i figli spetta anche ai cittadini stranieri che, in possesso dei requisiti di reddito e residenza, hanno un permesso di soggiorno in attesa di occupazione. Lo ha stabilito il Tribunale di Trento con sentenza del giudice lavoro Giorgio Flaim, condannando l’Inps per condotta discriminatoria e accogliendo il ricorso presentato dal patronato Inca Cgil con l’intervento di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), difesi dagli avvocati Giovanni Guarini e Alberto Guariso.

I fatti riguardavano una madre straniera residente in Trentino con un permesso di soggiorno in attesa di occupazione. La donna si è visto negato il beneficio dell’assegno unico perché, sulla base di quanto previsto da una circolare Inps, ma non specificato nella legge, la persona straniera con figli ha diritto all’assegno unico universale se in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro. Requisito che la donna non aveva più a seguito della perdita del proprio lavoro.

Il giudice Flaim ha definito la decisione dell’Istituto discriminatoria e lo ha obbligato a riconoscere alla signora l’assegno universale, pari a 335 euro al mese, a decorrere dalla data di presentazione della domanda, cioè dal marzo 2022.

Non solo. Dal momento che il ricorso è stato patrocinato anche da Asgi, che agisce a tutela di interessi collettivi, la decisione del Tribunale assume valenza estensiva per tutte le cittadine e i cittadini stranieri che si trovano nella medesima condizione dell’utente che si è rivolta al patronato Inca, cioè hanno un permesso di soggiorno in attesa di lavoro. Di conseguenza l’Inps è obbligata a modificare la propria circolare e a riesaminare tutte le domande rigettate per i cittadini in possesso di permesso in attesa di lavoro.

Secondo il giudice, sulla base di quanto previsto dalla direttiva europea 2011/98/UE la circolare di Inps è discriminatoria perché viola il principio di parità di trattamento fra cittadini dell’Unione e stranieri soggiornanti in UE titolari di permesso unico lavoro (permesso superiore ai sei mesi), tra cui rientra anche il permesso in attesa di occupazione.

“Siamo soddisfatti della decisione del Tribunale di Trento. Abbiamo proposto ricorso nella convinzione che fosse ingiusto e assurdo che una cittadina venisse privata di una misura di sostegno economico per lei e i suoi figli proprio nel momento di maggiore bisogno, cioè quando il suo reddito era più basso per la perdita di lavoro. Il patronato si conferma non solo erogatore di servizi, ma anche luogo di tutela e punto di riferimento per far valere il riconoscimento dei diritti di tutte le cittadine e dei cittadini”, commenta il direttore Marco Colombo.

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