LO SPUNTO:
Ho letto sul numero monografico di “Vita Trentina” sui biotopi e sulle aree Natura 2000 (Vt n. 23 del 20 agosto 2023) il recente ricordo di Gino Tomasi e seguo sempre con interesse il dibattito vivace sulle Viote: se “trasformarle” con un vascone “parcheggio” per l’acqua necessaria all’innevamento artificiale delle piste (altro che laghetto!), come ormai sono divenuti posteggio la maggior parte degli spazi che prima erano a prato, oppure mantenere alla plaga, per molti versi unica quanto a bellezza e interesse, la sua vocazione tradizionale (fienagione) e naturalistica, anche alla luce degli studi sui beni collettivi condotti dalla prof. Marta Villa dell’ Università. Non si tratta solo di esigenze estetiche o paesaggistiche, anche se l’identità di un territorio (e di un popolo) sta proprio nel suo paesaggio, ma di adeguare la funzione di un territorio (le Viote) all’evoluzione della natura. Che in questo caso ci dice che, qualsiasi iniziativa venga lassù intrapresa, la temperatura è comunque destinata ad aumentare anche nei mesi invernali. Così che non solo la neve, ma anche l’acqua si presenterà sempre più scarsa. E come, di conseguenza, per montagne come il Bondone occorra attrezzarsi a progettare e gestire un turismo anche senza neve, o con poca neve, evitando i costi altissimi dell’innevamento artificiale. Il che corrisponde anche alla vocazione del Bondone, che è paragonabile a quella del Renon per Bolzano, un valore aggiunto per la città di Trento e per la valorizzazione di una proposta complessiva di vivibilità e bellezza, soprattutto quando verrà fatta la funivia che lo collega alla città e lo inserisce nel contesto urbano. – Giuseppe Colpi
Quando si affrontano i problemi del Bondone occorre tener conto che esperienze locali importanti hanno mostrato (in Alto Adige, val Casies, in Val d’Aosta …) che è possibile anche un turismo invernale vincente con poca neve (per lo sci da fondo o l’escursionismo ne bastano pochi centimetri). L’acqua – sempre molto scarsa in Bondone, come ben sanno i Bondonèri che lo frequentano e come ha ribadito anche il Comune di Trento – occorrerebbe pomparla fin lassù dal basso.
Meglio, invece, attrezzare il Bondone mettendone a punto i sentieri, quelli storici e i nuovi da proporre, riadattando al contempo l’orribile stradone fra Vason e le Viote che ha deturpato tutta l’area e sostituendo – con la funivia ciò diverrà possibile – il traffico automobilistico proprio fra Vason e Viote con un trenino, magari (come sul Renon).
Alle Caserme poi, con realismo, basterebbe recuperare uno solo degli edifici asburgici ormai ridotti a rudere, da destinare a servizi o a sede in quota del tanto frequentato Muse, che potrà così avere un suo presidio alpino, collegato alla sede urbana e inserito in una rete di sentieri unica nelle Alpi per suggestioni e spunti antropologici e paesaggistici, dai villaggi storici tradizionali come Sardagna (senza dimenticare Garniga) ai presidii turistici come Candriai e Vason, dalle malghe (Mezzavia, Brigolina) ai pascoli con veduta unica per fascino e completezza sulle Dolomiti di Brenta, dalle memorie di guerra (caserme) alle speranze di pace (le cappelle di architetti famosi, come Sottsass e Pontara); opzioni possibili ripristinando i sentieri e i collegamenti con Mezzavia, prevedendo magari una stazione seggioviaria intermedia (c’era!) alle Rocce Rosse, che risulterebbe molto utile per chiudere ad anello i percorsi di frequentazione, estivi e invernali della montagna.
Tante cose si possono fare, ma tutte si fondano su una immagine integra della montagna di Trento. Che venga ricercata e amata soprattutto dai Trentini. È chiaro, infatti, che anche il successo della funivia (che avrà costi non indifferenti) dipenderà in primo luogo da un suo uso per servizi e motivazioni residenziali (abitazioni, tempo libero, passeggiate, luoghi di sosta da riqualificare – con forse un vero “wellness” per bagni di fieno e offerte simili – gastronomia tradizionale…) e solo in parte minore dalle piste che si presentano in località anche vicine con alternative forse più convincenti.
In questo scenario di rilancio e di nuove opportunità per la montagna di Trento è però importante che al centro, come magnete di attrazione, richiamo e motivazione, restino le Viote nella loro integrità paesaggistica e unicità naturalistico–floristica. Al di là dello splendido orto botanico, curato con passione e competenza dal Museo di Scienze naturali e dal prof. Franco Pedrotti, infatti, la fioritura di genziane e “botton d’oro” in primavera alle Viote costituisce un richiamo che non ha nulla da invidiare alla fioritura dei peschi in Giappone o dei meli in Val di Non e meriterebbe almeno uguale risonanza. “Laghetti” destinati ben presto a ridursi a “pozze” d’acqua ferma risulterebbero sfiguranti e contrasterebbero con tutto il paesaggio delle Tre Cime e della loro preziosa oasi naturalistica.
Lascia una recensione