20 Agosto 2023 – XX Domenica TO A
Is 56,1.6-7; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28
«Pietà di me, Signore, figlio di Davide». 1Cor 15,20
Il capitolo quindicesimo del vangelo di Matteo riporta una forte polemica di Gesù con gli scribi e i farisei sul vero culto da rendere a Dio. È la purità del cuore che permette di entrare in relazione con Dio più delle tradizioni igieniche. È questa purità di cuore a far sì che l’israelita prima, ed ogni altra persona poi, diventi membro vivo del popolo di Dio. Questa premessa consente di inquadrare nella giusta prospettiva l’incontro tra Gesù e la donna cananea che leggiamo questa Domenica.
I personaggi che entrano in scena sono tre: Gesù, la donna cananea, i discepoli. Stando alla narrazione di Matteo (per l’evangelista Gesù è inviato solo alle “pecore perdute della casa d’Israele” cfr Mt 15,24) questo è l’unico caso in cui Gesù si reca in territorio pagano e vi esercita la sua attività apostolica. A prima vista sembra che Gesù agisca in modo quasi scortese nei confronti di questa donna pagana. La cananea manifesta una fede profonda ed insistente in Gesù come Salvatore e giunge perfino ad umiliarsi davanti a lui pur di ottenere quella grazia che più di ogni altra le sta a cuore: la guarigione della figlioletta. Gli apostoli, che in molti altri episodi hanno cercato di scoraggiare coloro che importunavano il Maestro alla ricerca di miracoli, in questo caso implorano Gesù perché esaudisca la donna.
Ad una lettura più profonda cogliamo un insegnamento ulteriore su ciò che introduce nel popolo di Dio o esclude da esso. È la fede in Gesù Cristo a dar diritto alla donna cananea di implorare quei benefici messianici che erano riservati innanzitutto ai membri del popolo d’Israele. Il gesto di Gesù è del resto in linea con la predicazione profetica, che vedeva gli stranieri aderire all’alleanza e il tempio diventare “casa di preghiera per tutti i popoli” (cfr. la prima lettura). Del resto il profeta per eccellenza, Elia, aveva trovato accoglienza ed ospitalità proprio presso una vedova fenicia e aveva risuscitato il suo figlioletto morto. Il comportamento di Gesù segna anche la linea d’azione che dovrà essere seguita dalla Chiesa delle origini: attenzione prioritaria al popolo d’Israele ed apertura ai popoli pagani per formare l’unico nuovo popolo di Dio. Sulla fede in Gesù Cristo, che introduce nel popolo di Dio, ha meditato a lungo anche l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani (seconda lettura), scorgendo la misericordia provvidente di Dio dietro alla storia d’Israele ed anche dietro a quella dei pagani.
Il vangelo di questa domenica dovrebbe quindi farci scoprire anzitutto la misericordiosa bontà di Gesù Cristo verso tutta l’umanità: verso i figli di Israele ai quali per primi è destinato l’annuncio del Vangelo, e verso noi che siamo discendenti di quei pagani che hanno potuto nutrirsi “delle briciole cadute dal tavolo dei loro padroni” (Mt 15,27). In secondo luogo dovrebbe aiutarci ad assimilare una fede umile e totale, sull’esempio della donna cananea, una fede talmente forte che non ha paura di nessuna umiliazione. Infine dovrebbe stimolarci ad essere mediatori per altri dell’incontro con Gesù, sull’esempio dei discepoli.
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