Elogio della mitezza

Illustrazione di Fabio Vettori
9 luglio 2023 – XIV domenica TO A
Zc 9,9-10; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30
«Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita». Mt 11,29
Elogio della mitezza” è il titolo di un bel libro di Norberto Bobbio che costituisce una lettura molto stimolante in un tempo come il nostro in cui “i carri da guerra” sono tornati di moda. Gesù mite ed umile di cuore sta al centro delle letture di questa domenica. Un Messia mite ed umile non era esattamente ciò che aspettavano e desideravano la maggior parte degli israeliti del primo secolo, oppressi e soggiogati dai Romani. Tra il 4 a.C. ed il 130 d.C. sono ben quattro le sollevazioni armate nella prefettura di Giudea, che faceva parte della Provincia romana di Siria, capeggiate da personaggi che si spacciano o vengono identificati come Messia. Tutte e quattro si concludono in uno spaventoso bagno di sangue. L’ultima di queste sollevazioni segnerà per quasi 1700 anni la fine della presenza ebraica in quella che da lì in poi sarà chiamata Syria Palaestina.
È in questo contesto di attese e di speranze militariste che Gesù recupera invece la figura del Messia-Profeta mite ed umile che risale a Mosè, “l’uomo più mite ed umile di questa terra” (Nm 12,3) e trova la sua più bella descrizione nel Messia-Re preannunciato dal profeta Zaccaria: “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni” (Zc 9,9-10). L’ebraismo di lingua greca, poco tempo prima della venuta di Gesù, mediterà sulla figura del giusto mite, che rende presenti le esigenze di Dio in mezzo al popolo, intravedendo anche la prova dolorosa alla quale sarà sottoposto: “Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti – dicono gli empi – per conoscere la mitezza del suo carattere” (Sap 2,19).
Gesù mite e umile di cuore rappresenta e ripresenta il Dio misericordioso che ha compassione dei suoi figli, che si china con amore sul suo popolo, che si mette allo stesso livello di chi si trova sul gradino più basso della società e della vita, che si fa conoscere e si lascia riconoscere dai semplici: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). A noi discepoli viene richiesto anzitutto un atteggiamento di umile disponibilità alla fede, ci viene donato di riconoscere che Gesù è il Figlio di Dio, ci viene proposto di avvicinarci a lui per trovare in lui ristoro, per trovare in lui quella pace del cuore che è impossibile trovare al di fuori di lui: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,27-29).
Questo avvicinamento è possibile solo se siamo sotto il dominio dello Spirito anziché sotto il dominio della carne (cfr Rm 8,9), cioè solo se siamo docili allo Spirito Santo anziché assecondare la nostra umana fragilità, che è fragilità del cuore e della mente, dell’intelligenza e della volontà. In un tempo che applaude chi sa prevalere con la forza, Gesù ci mostra invece la via della compassione, dell’umiltà e della mitezza.
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