“Siamo diventati famosi nel programma tv, perché siamo in pochi a fare il nostro faticoso e salutare lavoro. Quello che vedete in tv è reale, anche il clima familiare”
Siete ormai famosi come protagonisti della serie televisiva “Falegnami ad alta quota”. Come mai?
Forse perchè il nostro lavoro di falegnami è molto specializzato e non siamo in molti a operare in alta quota, sopra i 2 mila metri. Ci hanno scoperto e… dove ci sono pochi alberi è più difficile non farsi riconoscere.
È molto faticoso il vostro lavoro nei cantieri dei rifugi di alta montagna?
Oltre alla stanchezza, rispetto ai nostri colleghi di pianura, dobbiamo fare i conti con l’ organizzazione delle spedizioni del materiale, che viene trasportato in alta quota con l’elicottero. Quando poi siamo su, non deve mancare niente: dall’avvitatore alla semplice matita….
Però è bello vivere a lungo in alta montagna…
È molto bello, soprattutto per chi ama la montagna e ama questo tipo di lavoro. È fortunato, ha fatto… tredici! Non c’è cosa più bella che fare quel che ti piace, nel posto che ti piace… Anche in inverno, nonostante il freddo.
Quanto si guadagna con questo lavoro?
È un lavoro come un altro… noi siamo comunque dei falegnami, con la differenza che dobbiamo spostarci molto nelle varie valli di alta montagna (Rendena, Fassa,Fiemme…ecc) e da lì saliamo fin dove possiamo arrivare. Talvolta, insieme ai materiali saliamo anche noi con l’elicottero. Con una battuta potremmo dire che quello che guadagna di più è l’elicotterista, in quanto abbiamo bisogno di eseguire tanti viaggi. Ad esempio, per il lavoro di ristrutturazione del rifugio “Brentei” in Brenta, abbiamo totalizzato 1800 spostamenti in elicottero, avanti e indietro.
Certamente, noi ci guadagniamo in salute, perché siamo sempre all’aria aperta…
Ma se lavorate d’estate, quando trovate il tempo per andare in vacanza?
Le vacanze estive non le facciamo, perchè le trascorriamo nei rifugi a lavorare. Ma la nostra famiglia lo sa, è preparata alla nostra assenza perché si tratta del nostro lavoro.
Parlateci del programma televisivo, di cui siete stati protagonisti. Come funzionano le riprese? Viene utilizzato un drone?
Da due anni siamo seguiti da una troupe che per Dmax deve documentare tutto il nostro operato ma che non interferisce però col nostro lavoro. Registra le immagini e i dialoghi, in base alle mansioni che oguno di noi svolge.
Siamo solitamente seguiti da quattro persone (il cameraman, l’aiuto cameraman, il fonico e l’aiuto regista). Abbiamo più di un drone che fa riprese dall’alto, e due squadre di professionisti: quella coi cameramen adatti a stare in quota e un altro gruppo di persone adatto a stare a bassa quota. Non tutti gli operatori sanno stare in montagna.
Vi fanno male le mani dopo aver tagliato un albero?
Noi lavoriamo con l’albero già tagliato. Ma la fatica fisica c’è e bisogna esser allenati…
Avete mai incontrato degli orsi?
Sì, ne abbiamo incrociato uno nella zona alta sopra Campiglio. Bisogna capire che quello è il loro ambiente e noi lo condividiamo.
Quando al rifugio ai Brentei vi siete accorti che si era rotto un vetro delle finestre – come abbiamo visto in una puntata della vostra serie tv – cosa avete pensato? Era reale la vostra reazione o avete creato quest’evento per rendere il programma appassionante?
Quello che succede nel reality, appunto, è tutto reale; noi creiamo qualche sketch per ravvivare a volte le riprese. Quello che vediamo e vedremo nella terza serie, è reale.
Da quanto tempo fate questo lavoro? Com’è nato?
I primi rifugi risalgono a venticinque anni fa, quando eravamo molto giovani. La passione per la montagna è nata grazie a nostro padre che, nonostante Caldonazzo si affacci sul lago, ci ha sempre portati in montagna.
Per fare questo lavoro non bisogna solo apprezzare la montagna, ma bisogna avere anche una cultura della montagna. Ci spiegate cosa vuol dire?
La cultura della montagna è quello che nostro padre Germano, detto “il supremo”, ci ha insegnato: capire l’importanza di un rifugio, frequentare la montagna rispettandola in tutte le sue sfaccettature; non sporcarla, non rovinarla. Quando lavoriamo, stiamo molto attenti a non deturparla. I nostri predecessori, che hanno costruito i rifugi con fatiche bestiali, ci hanno lasciato un patrimonio incredibile e importante. È compito di tutti noi rispettarlo.
Cosa c’è nello zaino di lavoro?
Ecco qua (apre lo zaino, ndr): casco di sicurezza, gilet per l’alta visibilità; imbragatura; martello e scalpello; walkie talkie per comunicare anche con il pilota dell’elicottero…
Non vi siete mai fatti male?
Operiamo in ambienti molto severi e qualche incidente capita; non ci è ancora successo niente di molto grave. Speriamo che continui così…
Quanto è pericoloso e faticoso arrampicarsi in montagna?
Fa parte del nostro avvicinamento e soprattutto la camminata perché tante volte l’elicottero non è disponibile oppure non può arrivare perché è nuvoloso; quindi, a quel punto ci tocca andare a piedi.
Cosa vi ha dato l’ispirazione per scegliere questo lavoro?
Noi sin da piccoli abbiamo sempre frequentato la montagna, che è stata per noi sempre un ambiente familiare. Non troviamo difficoltà. Anche voi, se potete, andate in montagna con le vostre famiglie e lasciatevi ispirare. L’ispirazione può arrivare in qualsiasi tipo di terreno che si va a esplorare o in qualsiasi esperienza che si affronta.
A che cosa è dovuto il successo della vostra trasmissione televisiva?
Alla spettacolarità ma forse anche alla bella armonia e all’atmosfera familiare che viviamo tra noi..
Ci consigliate di fare il vostro lavoro?
Vi invitiamo a dedicarvi allo studio, che è sempre importante, eppure senza escludere i lavori manuali.
intervista a cura degli alunni delle “Sanzio” e altre scuole ospiti del Parco dei Mestieri della Montagna
La scheda:
Nome: Giovanni e Paolo
Cognome: Curzel
Segni particolari: Amano la montagna, sanno muoversi bene in roccia, ghiaccio e neve
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