Una rete di 18 associazioni e movimenti ha organizzato una manifestazione per sabato 17 giugno per dire no alla costruzione di un bacino artificiale in Bondone e alla funivia che collega Trento a Vason.
La giornata inizierà alle 9.30 al parcheggio chalet Rocce Rosse. “Il contesto nel quale si collocano queste proposte – lamentano le associazioni parlando del bacino artificiale e della funivia – è quello di una montagna caratterizzata da un lato dall’altopiano delle Viote, uno scrigno di biodiversità di estrema importanza quasi unico per il Trentino, dall’altro da una cementificazione turistica in parte abbandonata, a ricordare un passato di sviluppo turistico, soprattutto invernale, che si credeva illimitato. In Bondone, come su tutte le Alpi, le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale e l’intero Trentino si trova a gestire un cambiamento climatico repentino”.
Le 18 associazioni chiedono, per una riqualificazione del Bondone, di “definire un piano di sviluppo complessivo che coinvolga gli operatori ma anche i cittadini e le associazioni, senza escludere i vari comuni che questa montagna coinvolge”.
Sulla funivia, “pensata per trasportare oltre 900mila passeggeri all’anno, secondo le stime”, le associazioni dicono che “rischia di essere un nuovo capitolo del fallimento del Bondone e di rivelarsi un mero greenwashing di mobilità sostenibile“. Riguardo invece al bacino artificiale, le associazioni sottolineano che “il luogo proposto per la costruzione del bacino si trova nella piana delle Viote che, con la sua torbiera e i suoi pascoli a nardo, è un sito di estremo interesse naturalistico e rientra nel registro delle aree protette dalla nostra Provincia”.
Secondo le associazioni, inoltre, sarebbe una “miope illusione” l’idea di poter far fronte alle conseguenze della siccità costruendo bacini artificiali. In primo luogo, scrivono le associazioni, “perché i bacini artificiali sono molto diversi tra loro e solo raramente sono progettati per soddisfare una molteplicità di usi”. “Inoltre, i dati dimostrano che la costruzione di nuovi invasi è uno dei metodi più costosi e meno efficaci per trattenere in quota l’acqua e quindi contrastare i periodi siccitosi”, concludono le associazioni.
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