Paesi e valli: investire in persone e lavoro

La presentazione del progetto a Cogolo, nella sede del parco nazionale dello Stelvio

Lo spunto:

Ho letto con interesse la proposta di costruire una funivia in Val di Pejo, laterale della Val di Sole, fra Cogolo e Pejo Fonti, non tanto per trasportare eventuali sciatori, ma per consentire ai turisti di raggiungere l’alta valle senza fare uso dell’automobile. Proposta encomiabile, volta a ridurre l’uso delle auto in montagna, che solleva però qualche dubbio se si approfondisce un po’ il problema dei costi, a fronte dei benefici attesi e dei periodi di utilizzo limitati. Si afferma infatti che l’impianto, lungo un percorso di 2 chilometri e mezzo, sostenuto da Trentino Sviluppo, avrà un costo di 21 milioni di euro circa, di cui 15 milioni per la funivia e 5,5 per opere accessorie. Queste prevedono, fra l’altro di spostare un già esistente impianto di risalita e di abbattere (ed evidentemente ricostruire) un hotel, il Miramonti, che sorge lungo il percorso dell’impianto. La funivia poi, a quanto pare, finirebbe inserita all’interno del Parco dello Stelvio e non è prevista dal Pup. È stato calcolato che la Società delle Funivie di Pejo, se vorrà ammortizzare i costi e le spese dovrà realizzare profitti annui per 5 milioni di euro, rispetto ai 3,2 attuali.
Lettera firmata

La notizia merita di essere approfondita e dibattuta perché rispecchia i profondi mutamenti sulla montagna trentina e, di conseguenza, la necessità di rivedere le scelte di politica ed economia che ne hanno guidato lo sviluppo. Si tratta a nostro avviso – per anticiparne una sintesi – di tornare a investire in uomini, donne, famiglie, studio, persone, presenze, invece che proseguire in una sempre più costosa inflazione di sovrastrutture, stradoni, rotatorie, funivie…

Lo sviluppo e il riscatto del Trentino si sono basati su tre fattori, su tre gambe, come un tavolo ben saldo. La prima è venuta dall’Università, la seconda dal Pup e dall’Urbanistica attenta al territorio, alle sue vocazioni, ma anche alle sue fragilità, la terza dall’Agricoltura, e dall’Artigianato. Ora l’evidenza mostra come questi pilastri portanti vengano dati per scontati, sottovalutati, trascurati spesso per ripiegare su interventi a pioggia, più o meno clientelari, quando invece occorrerebbe sostenere proprio le strategie provinciali portanti. L’Università con i bilanci in rosso, se perde il suo ruolo di eccellenza, diventa un parcheggio studentesco come tanti. Eppure, la richiesta di qualità resta fortissima come mostra il successo delle preiscrizioni. E se il territorio non torna al centro dell’attenzione politica, ma viene consumato e vilipeso la perdita, non solo di immagine, ma di patrimonio, appare netta. Ma si vuole davvero una costruzione ospedaliera nel respiro della piana di Masi di Cavalese? O sacrificare la piana di Caldonazzo, fra i laghi, per uno svincolo autostradale della dannosa Valdastico? L’uscita su Trento è poi ancora peggio di quella in Vallagarina e susciterebbe ancora maggiori opposizioni. È dal 1970 (Pirubi) che se ne parla, è tempo di cambiare prospettiva. Quanto ad agricoltura e artigianato hanno bisogno di un rilancio per affrontare i costi enormemente cresciuti e perché l’esperienza ha dimostrato come una società non possa vivere di solo turismo (condizione necessaria per lo sviluppo delle zone alpine, ma non sufficiente) e come il vero motore del turismo stia proprio nella sinergia con agricoltura e artigianato. Del resto, non si può vivere solo facendo i baristi e i camerieri, e i giovani se ne vanno, anche se non mancano lavoro e soldi. Lo si vede proprio nelle valli “ricche”. Allora è in base a questi “segni” del nuovo che vanno destinate le risorse disponibili. Sono considerazioni che toccano direttamente la Val di Sole (chiamata spesso ad essere laboratorio avanzato delle innovazioni trentine, dai comprensori ai centri culturali, dal turismo di qualità ai parchi) che deve confrontarsi non solo con il problema orsi (vanno gestiti con attenzione e prevenzione, non possono mica essere uccisi tutti!) ma anche con la scomparsa della vedretta di passo Paradiso, al Tonale, che neppure i “cerotti” dei teli di plastica possono salvare … (si farà allora una pista su roccia da innevare artificialmente, quando l’acqua è sempre meno)?

In questo quadro (che possiamo completare rilevando come nella vicina Cles manchino invece i pediatri per far nascere i bambini) si inserisce la notizia da Pejo. Buono il proposito di usare sempre meno l’automobile, ma è davvero questa la priorità se si commisurano i costi con le ricadute? Ventuno milioni di euro, 40 miliardi delle vecchie lire, non sono un po’ troppi per una infrastruttura che migliora certo un servizio già esistente, ma non ne cambia la sostanza? Né aggiunge nuove motivazioni alla valle? Ai suoi abitanti e ai suoi ospiti? E non è una velleità (tanto poi qualcuno paga) pensare di raddoppiare gli utili di gestione, per poter venire al coperto delle spese? Non c’è piuttosto bisogno, nelle valli, di “persone”, maestri, operatori pastorali, medici condotti (e pediatri) infermieri? Non è meglio pagare un maestro in più perché non faccia il pendolare restando in valle solo poche ore, o far sì che l’università resti d’eccellenza e non sprofondi nella mediocrità? Poi alcune grandi opere strategiche di collegamento potrebbero essere anche utili e necessarie, ma prevedono un grande sforzo comune a livello provinciale… Come dotare le valli di vasconi di accumulo per l’acqua (sempre più rara) da usare per l’irrigazione, o completare, in Val di Sole, i 35 chilometri di ferrovia locale che mancano al collegamento con le ferrovie retiche e a quello con il “trenino” rosso svizzero del Bernina. Merita pensarci.

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