“Oggi Trento è di nuovo la mia città”. Danila Angeli lo ripete, con accenti commossi e convinti, mentre l’accompagniamo proprio davanti al murale che ritrae il figlio Fausto e il suo amico Lorenzo.
Il gruppo numeroso di studenti e studentesse che fino a poco prima la circondava affettuoso e partecipe, colpito dalla dignità di questa anziana signora che non ha mai smesso di cercare la verità e di chiedere giustizia, si è assottigliato e infine sciolto.
Indugia, prima di farsi ritrarre: “Aspetti un attimo”, dice aprendo la borsetta e frugando all’interno, in cerca di qualcosa. Quel qualcosa, lo scopriamo di lì a poco, è una fotografia. Ci sono Fausto, ritratto a figura intera, con la testa leggermente piegata all’indietro, lo sguardo serio; e Lorenzo, sorriso scanzonato e mani in tasca con l’atteggiamento arrogante che solo un diciottenne può avere. “Ecco, adesso possiamo fare la foto per il giornale”, mi dice.
“L’emozione prevalente, oggi? E’ l’emozione di madre, di Trentina che ama la sua terra che ha dovuto abbandonare. Trento mi aveva delusa. Oggi ringrazio Trento perché finalmente Trento diventa di nuovo la mia città”.
“Fausto volevano farlo passare per questo, per quest’altro – aggiunge facendo cenno ai tentativi di depistaggio dopo l’assassinio dei due ragazzi, che qualcuno cercò di attribuire a una faida interna alla sinistra o a un regolamento di conti tra spacciatori -. Mio figlio era come me: senza partito. Non mi interessano i partiti… Sono arrivata in Italia dalla Germania che avevo 40 anni, e non sapevo nemmeno per chi votare. Io guardo le persone in faccia, chi sono: se c’è una persona che a me va, che dico che è onesta, allora l’accetto. Non mi piacciono né la politica, né la guerra, né chi ammazza gli orsi”.
Confessa, mamma Danila, di non avere fiducia né nella politica né nella magistratura. “Ho lavorato molto sulla morte di mio figlio, sono stata minacciata, ma abbiamo trovato sempre un muro di gomma”. E ricorda che il giudice Mario Amato che si occupò della vicenda finì assassinato dai neofascisti dei Nar, mentre il giornalista Mauro Brutto che indagava per il suo giornale morì investito da un’auto. “Io sono sicura, e con me tanti altri, che la vicenda è legata al rapimento Moro”.
Prima di congedarsi, Danila Angeli esprime un pensiero per tutte le vittime del terrorismo: “Mi fanno pena quelli che si sono ammazzati tra di loro, ma ancora di più quelli che sono stati ammazzati innocenti”.
Poi raggiunge i familiari, la sorella di Iaio, Maria, e gli amici dell’Associazione che tiene viva la memoria di Lorenzo e di Fausto (che riposa dall’altra parte della strada, nel cimitero monumentale). Saluta Trento rappacificata.
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